Dal 26 Febbraio a Palazzo delle Esposizioni di Roma prende il via la mostra “Manifesto” di Julian Rosefeldt che consta di una installazione articolata in 13 schermi che narrano diversi avvenimenti, accorati tra loro, formando una sorta di unica voce corale che proprio per questo prende maggior vigore e potenza espressiva.
L’opera è un omaggio ai manifesti artistici e letterari del Novecento che si rifà alle correnti dell’epoca quali i futuristi, dadaisti, suprematisti, situazionisti, fluxus, non da meno includendo individuali riflessioni di artisti di arti non solo visive, ma anche ballerini, registi quali ad esempio Umberto Boccioni, Antonio Sant’Elia, Lucio Fontana, Yvonne Rainer, Kazimir Malevich, André Breton, Elaine Sturtevant, Sol LeWitt, Jim Jarmusch, Adrian Piper, John Cage.
Le 13 installazioni di Rosefeldt, interpretate dall’attrice australiana Cate Blanchett, creano un toccante collage di testi quale inno effettivo alla letteratura novecentesca, pur mettendo in controversia il ruolo stesso dell’artista iin qualità di figura inserita nel contesto societario contemporaneo. il visitatore troverà oltre allo schermo di prologo, altri 11 scermi che illustrano personaggi femminili, più un ulteriore schermo che rappresenta un senzatetto. Le 11 figure femminili invece raccontano le “storie” di una operaia, una scienziata, un’oratrice a un funerale, una broker, una burattinaia, una CEO, una punk, la mamma di una famiglia conservatrice, una coreografa, una giornalista TV, un’insegnante.
L’opera di Rosefeldt, presentata per la prima volta nel 2015, appare come uno straordinario omaggio al “Manifesto” come genere artistico in sé, cospargendo il suo lavoro di tracce quasi fossero un invito a chi osserva a superare l’interpretazione illustrativa del lavoro stesso, suggerito proprio dalle contraddizioni tra testo/immagine, realizzato con ironia e spiazzante onirismo che porteranno all’attento fruitore ad un più intimo e profondo livello, raccontato simbolicamente proprio in uno dei cortometraggi.
Appare dunque questo “Manifesto” non più un proclama vero e proprio ma quasi un doloroso monologo nell’osservazione “morente” di un’epoca, che forse potrà, nel secolo nuovo, affrontare stupefacenti mutamenti. Ma questo sta a tutti noi.
La mostra sarà visitabile fino al 22 Aprile 2019.
Articolo di Ester M. Campese