di Riccardo Bramante
Il Chiostro del Bramante, a Roma, ospita in questi giorni una originale mostra del più famoso e al tempo stesso più ignoto artista della cosiddetta “Street Art”, Banksy, dall’emblematico titolo “Banksy. A visual protest”.
Infatti, la vera identità di questo artista è uno dei segreti meglio custoditi del mondo; si sa che è nato in uno dei quartieri più poveri di Bristol, in Gran Bretagna, e che iniziò a dipingere sui muri della sua città fin da quando aveva 16 anni, ma circa la sua vera identità si sono succedute le ipotesi più fantasiose: chi dice si tratti di Robert Del Naja del complesso musicale Massive Attack, oppure di Neil Buchanan, noto musicista, o anche Robin Cunningham.
Ma chiunque sia i suoi dipinti riempiono presto i muri, i cavalcavia, i sotterranei della città in barba alla polizia che cerca di individuarlo. Essendo la velocità di esecuzione l’elemento principale per non farsi sorprendere dalle autorità, Banksy trova la soluzione negli “stencil” maschere in cartoncino con forme ritagliate e preparate in studio e poi rapidamente applicate e colorate su pareti e muri precedentemente individuati.
Comunque sia, la sua fama dilaga tanto che a Bristol, nel 1998, viene organizzato un festival “Wall on Fire” dove per due giorni la città è invasa da writhers che colorano ampi spazi della stessa. E come non ricordare anche alcune sue incredibili “incursioni” in Musei famosi come quella alla “Tate Britain” di Londra dove, accuratamente travestito, appende una sua opera accanto ai tradizionali capolavori esposti facendo filmare il tutto da un suo amico: l’opera rimane esposta per ben tre ore prima che qualcuno se ne accorga, ma intanto il filmato diventa virale sui social e ha una diffusione incredibile. E poi ancora incursioni simili realizza al British Museum, al Louvre di Parigi e al MoMa di New York fino a realizzare, nel 2005, in Cisgiordania in appena 25 minuti nove graffiti sul muro in cemento che separa Israele dalla Palestina in un palese atto di protesta contro la guerra in atto.
Questo è l’artista che ora presenta al Chiostro del Bramante oltre 90 opere prevenienti tutte da collezioni private, tra cui alcune delle più note come “Girl with Ballon”, “Queen Vic” e “Rage. Flower thrower” altrimenti nota come “Il lanciatore di fiori” apparso per la prima volta su un muro di Gerusalemme nel 2005.
Sono lavori realizzati con le tecniche più diverse, dall’olio o acrilico su tela allo spray su tela, dallo stencil su metallo o cemento a sculture in resina polimerica, a copertine di dischi e libri.
La mostra è anche l’occasione per mettere a confronto in un ideale dialogo i lavori dell’anonimo più famoso del mondo e l’opera ad affresco di Raffaello Sanzio. Infatti, dalle finestre della Sala delle Sibille, al primo piano del Chiostro, si può ammirare un capolavoro appena restaurato del pittore urbinate, “Sibille e Angeli” che si trova all’interno dell’attigua Basilica di Santa Maria della Pace.
Il confronto viene proposto non solo per celebrare i 500 anni dalla scomparsa di Raffaello ma è anche una riflessione sul concetto stesso di arte, un dialogo sulla potenza evocativa delle loro immagini divenute ormai icone dello spirito di innovazione e fama internazionale. “Ciò che facciamo in vita, riecheggia per l’eternità” è il messaggio di Bansky, perché l’arte è sempre contemporanea.
Una ragione in più per visitare la mostra che rimarrà aperta al pubblico fino all’11 aprile 2011.