Marianella Bargili: faccio il mestiere dell’attrice ed è quello che mi piace fare.
di Ester Campese
Marianella Bargilli, personaggio televisivo e attrice teatrale italiana dal lungo e corposo percorso artistico che inizia con gli studi teatrali e il Teatro Danza. Mette così in scena numerosi spettacoli di strada, intensificando lo studio del movimento del corpo e l’esperienza con un pubblico popolare, studia anche il metodo Stanislavskij. Attrice nota, da anni laboriosamente impegnata a tutto tondo nel teatro, e non solo in veste di attrice. Un lavoro che ama profondamente e che l’ha portata a lavorare con grandi registi tra cui, solo per citarne alcuni, Roberto Guicciardini, Antonio Calenda, Andrée Ruth Shammah e anche con Geppy Glejeses da cui più volte è stata diretta. Marianella Bargili, ha anche frequentato il DAMS di Bologna, specializzandosi in cinema. Le chiediamo, provenendo da studi di teatro danza, quanto, secondo lei, è importante il corpo come forma espressiva?
Ho studiato cinema come prima istanza, poi a Bologna ho incontrato un gruppo di teatro danza e in quella circostanza ho iniziato un percorso con loro. Fondamentale per me, come attrice, trovare la fisicità dei personaggi e utilizzare anche il corpo, e non solo la voce, per dar loro vita. Mi piace moltissimo studiare le camminate, le posture, il movimento fisico e questo si può fare, secondo me, attraverso l’apprendimento e la consapevolezza del proprio corpo. Questo te lo dà appunto la danza, la disciplina sportiva e lo spazio scenico.
Soprattutto in passato si pensava all’attore come una persona in grado di impostare bene la voce per restituire carattere al personaggio. Poi con le avanguardie per fortuna questo concetto è cambiato.
È una donna dolce Marianella Bargili, ma forte allo stesso tempo, piena di energia e comunicativa che traspare dal suo sorriso. Quanto è importante sognare? E quanto poi avere la tenacia di far diventare realtà i propri sogni?
Ho sempre prima sognato le cose che volevo, le ho immaginate e poi desiderate fortemente, spesso realizzandole. Le ho sognate come istintivo primordio, in forma di pensiero, percepite dentro di me profondamente e poi progettate concretamente. Ritengo infatti che siamo noi gli artefici della nostra vita quindi se desideriamo, se sogniamo, se ci adoperiamo nella direzione del nostro desiderio, poi si riesce ad ottenere ciò che ci sta a cuore.
Spesso sorrido perché nasco allegra e fin da quando mi alzo al mattino ho il sorriso sulle labbra, perché mi piace affrontare la giornata così. Ci sono persone che fraintendono questo mio modo di essere perché l’allegria viene talvolta scambiato per leggerezza. Credo che la vita vada anche presa con leggerezza, ma questo non significa essere superficiale e non comprenderla nelle sue fasi più complicate o non mettere energia e forza dove vanno messe. Bisognerebbe sorridere più spesso perché così migliorerebbero anche i sogni.
Nel lungo e corposo percorso artistico, anche tanti premi, ne nominiamo solo un paio tra i tanti ovvero il Premio come attrice emergente tributatole al Premio Eti Olimpici del Teatro e il Premio Chianciano Terme. Ma quale è quello che l’ha resa più fiera di tutti?
I premi sono un riconoscimento al lavoro, un momento che ti consacra e tutti hanno una loro importanza. In realtà ogni volta che qualcuno ha pensato di premiarmi mi sono sentita sempre molto grata perché significa che ho regalato, donato, trasmesso, la mia passione e il mio lavoro.
È stata la protagonista de “La stanza delle donne” nel corso della rassegna “I solisti del teatro” andato in scena ai Giardini della Filarmonica di Roma. Come è andata questa esperienza ce ne vuole parlare?
La stanza delle donne è uno spettacolo che mi ha fatto molto riflettere. Uno spettacolo sociale d’accusa che ci riporta a scenari più faticosi rispetto alla commedia o alla prosa classica. Interpretare donne che parlano della donna, della violenza fisica subita in guerra è stato qualcosa di molto forte. Ogni volta che faccio questi spettacoli ringrazio il destino di averne avuto la possibilità e mi auguro sempre di poterli rifare perché mi mettono di fronte alla ricerca, all’approfondimento e mi permettono cdi capire cose che non so… Sono spunto per riflessione, consapevolezza, amarezza e spingono alla necessità di poterlo dire a più voci.
Pirandello, Goldoni, il cosiddetto “teatro impegnato”. Ai giovani cosa direbbe per invogliarli a venire allo spettacolo?
I giovani ci vano a teatro, bisogna solo trovare il modo di convogliarli, e secondo me ci andranno e si divertiranno sempre di più. Pirandello, Goldoni certo sono dei giganti, ma credo che il teatro non lo facciano solo gli autori o il testo, ma molto spesso lo fanno i registi e gli attori che ci sono dentro. Un testo di Pirandello può risultare noiosissimo perché messo in scena in maniera errata. Nello stesso tempo può invece essere messo in scena in maniera perfetta e risultare un capolavoro che piace a grandi e piccoli.
Io ho un teatro a Roma e quando ci siamo messi in testa di rinfrescare anche il pubblico, anche se in genere sono le persone più adulte che frequentano i teatri, ci siamo resi conto grazie anche alle matinée di quanta energia ti restituiscano i giovani. Le mie recite più belle le ho fatte proprio per loro, per i giovani!
Lei è un personaggio televisivo noto anche per le diverse fiction fatte, “La Narcotici2”, “Baciato dal sole”, e altre. Nella sua carriera ha anche partecipato a film. Tra Cinema, Teatro e TV cosa l’ha divertita di più?
Io nasco in teatro, poi arriva la televisione e poi tutto il resto. In realtà la cosa che mi diverte di più è recitare. Ogni cosa è diversa come la tournée rispetto alla fiction o al cinema o alla televisione. Mi piacciono tutti in modo diverso. Certamente ho dedicato più tempo al teatro, anche perché quando accetti una tournée sai che starai molto tempo fuori. Faccio il mestiere dell’attrice ed è quello che mi piace fare.
Come si è trovata nei diversi ruoli ed impegni ricoperti al Teatro Quirino? Ricordiamo quello dell’ottimizzazione artistica, la responsabilità organizzativa e quello di Direttore Artistico della rassegna Autogestito.
Avere un teatro significa essere dalla parte del pubblico ancora di più che recitare perché ti devi occupare dell’organizzazione, di come fare arrivare la gente a teatro di come invogliarle. La rassegna che nasceva al Quirino che spero di rifare, è stata dedicata alle nuove energie teatrali in uno spazio autogestito in cui ognuno faceva vedere quello che sapeva fare. Ho lavorato sempre in funzione di un amore che ho verso il pubblico nei diversi ruoli. Come spettatore, da attrice, come narratrice, da organizzatrice, come colei che si mette dalla parte del pubblico e si preoccupa per farlo stare bene: Una persona che si accerta che non manchi niente al suo pubblico, di agevolarlo, di coccolarlo.
Il teatro è un atto d’amore per chi lo fa e per chi lo vede. Il luogo dove stiamo è un grande abbraccio, invito chi gestisce i teatri a cercare l’armonia e l’amore perché i posti che funzionano meglio sono quelli dove c’è un grande team appassionato a questo lavoro.
Cito uno per tutto l’Olimpico di Vicenza, tempio della recitazione, dove ho appena finito di recitare per il secondo anno consecutivo. Al di là della magnifica struttura del Palladio c’è anche una magnifica organizzazione alle spalle, con persone estremamente competenti e innamorate del teatro, che vi si dedicano completamente.
La vedremo, dal 26 aprile 2023, in scena all’Off/Off Theatre con “Spose – Le nozze del secolo” – primo matrimonio omosessuale. Spettacolo in debutto nazionale che porta all’attenzione un tema di identità e libertà molto forti, cosa vuole dirci al riguardo?
L’amore non ha sesso, di questo argomento non ci dovrebbe nemmeno essere il bisogno di parlarne. Le persone si devono sposare se vogliono stare insieme, il giudizio degli altri è inopportuno, ma fa parte della nostra cultura, dell’antropologia degli esseri umani.
In alcune zone d’Italia è ancora un argomento tabù, in altre per fortuna no, ma si vede spesso quanto sia ancora difficile parlarne. Ci sono anche molti film che ci mostrano coppie omosessuali innamorate, ma c’è sempre un velo di silenzio. Io sono a favore della libertà completa soprattutto in famiglia che poi è da lì da dove arrivano molti problemi.
Avendo fatto davvero tante cose, ce n’è una che vorrebbe realizzare e che non ha ancora avuto occasione di fare?
Vorrei fare Anna Karenina, un sogno che ho nel cassetto da tanto tempo. E’ un personaggio enorme, bellissimo, l’ho visto interpretato da grandi attrici del passato e mi piacerebbe metterci le mani. Per il resto tutto quello che ho voluto fare l’ho fatto. Mi piacerebbe anche tornare a Siracusa e recitare nel teatro antico perché è stata un’esperienza di qualche anno fa che m piacerebbe ripetere.
Una nota personale, cosa la rende davvero felice?
La mia felicità adesso è essere centrata con me stessa, un equilibrio che si trova ad una certa età. Il passare del tempo aiuta, le esperienze che si fanno ci insegnano. Ma bisogna anche volerla la ricerca dell’equilibrio. Ascoltarsi e capire quello che ti piace, quello che non ti piace, con chi vuoi stare, chi vuoi amare, chi non vuoi amare. Quando inizi a farti queste domande inizia a darti delle risposte e a fare in modo che ci siano risposte quotidiane che ti portano ad un equilibrio. La felicità è uno stato d’animo che non è continuo, ma a tratti è esilarante.