![](https://campeyblog.files.wordpress.com/2018/02/zzzz-budda.jpg?w=219)
Tutta l’essenza della sua filosofia o religione che dir si voglia è racchiusa nel “Sermone sul girar della ruota della legge” (l’equivalente, per grandi linee, del “Discorso della montagna” di cristiana memoria), predicato nel Parco delle Gazzelle di Benares.
I punti fondamentali sono riassunti nel principio che il dolore è immanente ed originato dalla sete di vivere e dalle passioni dell’Io individuale; tale dolore può essere eliminato solo mediante il distacco dal desiderio fino alla estinzione del proprio Io individuale, alla fuga dal ciclo di nascita e rinascita per raggiungere, infine, il “nirvana”, la beata condizione di non-esistenza o riassorbimento nell’Assoluto. Per conseguire quest’ultimo obiettivo il Budda fornisce una sorta di norma pratica: il perseguimento delle “otto vie” consistenti nella purezza di fede, di volontà, di linguaggio, di azione, di esistenza, di applicazione, di memoria e di meditazione.
Solo seguendo questi principi si può sfuggire alla terribile legge della trasmigrazione (samsara) in modo da non dover più rinascere in qualche forma individuale, ma annientarsi completamente con il dissolversi nell’anima stessa dell’universo.
![](https://www.vipglam.it/wp-content/uploads/2018/02/zzzz-ebook-buddismo.jpg?w=300)
A sua volta il Mahayama si è poi sviluppato in più correnti tra cui la principale è il Vairayama (letteralmente: veicolo del diamante) in cui vengono aggiunti alcuni insegnamenti “segreti” chiamati tantra, attraverso cui si può aggiungere più rapidamente la conoscenza o saggezza ultima anche in questa stessa vita, soprattutto se coadiuvati dalla presenza di un maestro, il guru, e l’utilizzo dei cosiddetti mantra, espressioni sacre enunciate mentalmente o recitate ad alta voce. Attualmente le scuole buddiste sono per lo più di derivazione Mahayama ad eccezione della scuola Theravada (insegnamento degli anziani) che è la forma dominante nell’Asia meridionale e del sud-est.
In Occidente il buddismo cominciò ad essere conosciuto solo nel corso del XIX secolo, soprattutto attraverso opere di funzionari britannici della Compagnia delle Indie come Sir Edwin Arnold con il suo libro “The Light of Asia”e fu studiato, da un punto di vista più filosofico, anche da Arthur Schopenhauer nella sua opera “Die Welt als Wille und Vorstellung (Il mondo come volontà e rappresentazione).
In definitiva, nella sua concretezza, il mondo occidentale vide però nel buddismo una possibile modalità per giungere alla autentica felicità, in contrasto con il fallimento spirituale derivante dalla complessità sempre maggiore della vita e del progresso materiale; ma tutto ciò a discapito della perdita di spiritualità ed interiorità proprie della dottrina originaria.
Articolo di Riccardo Bramante