di Riccardo Bramante

Tra la grande produzione letteraria di Leonardo Sciascia, scrittore, saggista, insegnante e politico, spicca un curioso libricino che non si sa come esattamente definire, se “reportage” di un ritrovamento, “pamphlet” a sfondo politico o altro, dal titolo “Invenzione di una Prefettura”.

Si tratta di un libro-catalogo illustrato da foto di Giuseppe Leone che Sciascia ideò nel 1987 quando vide per la prima volta il rinnovato Palazzo della Prefettura di Ragusa.

E’ noto che questa città divenne capoluogo di provincia nel 1926 staccandosi da Siracusa e volle, perciò, dotarsi di una sede adeguata costruendo il Palazzo del Governo su progetto dell’architetto romano Ugo Tarchi. Completato il Palazzo, si decise di affidare, nel 1933, le decorazioni interne al più famoso pittore, artigiano e scultore dell’epoca, Duilio Cambellotti vincolando, però, i temi delle decorazioni stesse a fatti e situazioni che magnificassero i successi del regime fascista allora al governo.

Pur non condividendone le idee politiche, Cambellotti onorò l’impegno creando per la Sala d’onore un trittico rappresentante la “Vittoria di Vittorio Veneto e la “Marcia su Roma”, le attività del territorio ragusano per la Sala del camino e i prodotti della terra per la Sala da pranzo; tutte opere di impeccabile rigore stilistico e di elevata qualità tecnica che, peraltro, con la caduta del regime fascista, non sfuggirono alla “damnatio memoriae” e furono ricoperte con carte da parati e stoffe fino a quando non vennero riportate alla luce diversi anni dopo nel corso di alcuni lavori di restauro.

E’ così che Sciascia, politico radicale e comunque di sinistra, nel vedere quelle vaste superfici dipinte a tempera da Cambellotti ne rimase talmente colpito da volerne sottolineare con un libro il ritrovamento esclusivamente per il loro valore artistico al di là dei soggetti raffigurati, avendo ben percepito che lo scandalo non erano gli affreschi su Mussolini quanto la loro ipocrita rimozione psicologica e materiale.

Il ritrovamento e la successiva pubblicità che ne derivò anche per merito del libro di Sciascia valse, se non altro, a porre un ulteriore tassello alla poliedricità di un artista completo come Duilio Cambellotti, “il tecnico più esperto, inventivo e geniale dell’arte italiana a cavallo dei due secoli”, come lo definì Giulio Carlo Argan. Né può dirsi che l’artista fosse stato spinto a creare quelle opere da   convinte motivazioni ideologiche in quanto le opere stesse danno una visione distaccata ed antiretorica della realtà dell’epoca e in cui “l’artista ha impegnato la forma ma non la fede”, come giustamente sottolinea anche Vittorio Sgarbi commentando quel ritrovamento.

Articolo di Riccardo Bramante

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