Arialdo Miotti artista anticonformista che firma le sue creazioni con il solo nome “Arialdo” è un pittore laziale nato a Viterbo nel ‘78. Un quarantenne che nelle sue opere fa respirare ai suoi interlocutori quell’aria di inquietudine che anima spesso gli artisti nel loro sentire diverso dai “non artisti”. Si legge nei dipinti da lui prodotti un comune denominatore ovvero quel senso di affannosa ricerca che lo rende anche un provocatore al fine di produrre un reazione nel suo osservatore che non potrà certamente restare indifferente, quasi trasferisce un senso di rabbia sommessa. Tra le provocazioni escogitate dal geniale Arialdo quella di affiggere una sua opera all’esterno della cancellata del Maxxi, incustodita volutamente, titolandola proprio pungolante “Ho esposto al Maxxi”. L’opera ovviamente è stata trafugata ma ha lasciato il segno ed il senso di questo artista. Affascinato dal mondo non “tangibile” e dalla morte vissuta anche come una sorta di rinascita che Arialdo rielabora a suo modo attraverso il mezzo dell’arte sperimentando anche in questo caso l’uso di materiali diversi tra loro. Si percepisce un ricco interiore mondo attraverso la lettura delle opere di questo “strano” personaggio non solo sulle sue tele, ma anche per come si propone, un po’ canzonatore, un po’ sognatore che in se stesso nella sua anche semplicità offre una visione differente e personalissima scevra da sovrastrutture convenzionali. Incontriamo più da vicino.
Benvenuto Arialdo ti chiedo subito, da quando è nata la tua passione e come ti sei avvicinato all’arte?
Bentrovata Ester, ti rispondo subito, mio padre Arialdo Miotti, si chiamava proprio come me, era anche lui un artista. Seppur non abbia mai vissuto con lui ho ereditato “l’arte di esser Artista” quindi ho cominciato da subito a dipingere. Poi l’evoluzione mi ha portato a fare performance, installazioni e a scrivere.
Ti ricordi un primo momento in cui hai deciso di intraprendere questa strada?
Si certo me lo ricordo molto bene, direi decisamente dopo il mio primo quadro realizzato appena ai miei sette/otto anni. Si intitolava: “la casa dietro l’albero” un soggetto che poi ho riproposto in altre forme, ma era un quadro che raffigurava solo un albero, perché la casa stando dietro non si sarebbe vista.
Sei un provocatore, dicevamo nell’introduzione, e ciò emerge dalle tue opere e in ciò che metti in atto. Da chi ti osserva cosa vorresti davvero come ritorno?
Grazie Maria per questa domanda ma posso confidarti che ancora non lo so. Piuttosto ti posso dire ciò che accade, come reagisce la gente di fronte alle mie installazioni o alle mie performances. Ad esempio una volta a Roma a piazza Trilussa in Trastevere mi sono appeso al collo un cartello che diceva: “un consiglio 2€” (sorride) i passanti un po’ incuriositi, un po’ sgomenti e divertiti, mi dicevano è geniale, come i messaggi nella bottiglia a Ponte Milvio, o ancora quando ho tappezzato via dei Banchi Vecchi, sulle vetrine i miei pensieri ed aforismi….cose così…
Mi viene spontaneo osservare che il tuo talento irriverente, giocoso, ma anche ribelle trasferisce certamente un messaggio. Quale per te dovrebbe essere il messagio che larte dovrebbe saper trasferire?
Purtroppo i messaggi vengono spesso fraintesi, comunque ciò che personalmente desidero trasferire attraverso la mia arte è proprio il senso della libertà, la spensieratezza ma anche un momento di riflessione.
La tua Arialdo è una forma di arte che evidentemente vivi a tutto tondo come in un processo di creazione continua, cosa ci puoi dire al riguardo?
Si si, in effetti è proprio vero. Progetto, provo, penso e sperimento ma tutto nella mia mente. Quindi quando vado ad operare e realizzare ciò che avevo in mente, già so tutto e solitamente la prima è sempre buona e nei posti e modi più diversi. L’arte fa parte di me, senza potrei solo vivere male.
Qual è il genere o modalità espressiva che prediligi?
Concettuale sicuramente, anche se purtroppo siamo in un epoca ripetitiva… Mi spiego meglio, come ti dicevo purtroppo arriviamo dopo dei grandi Artisti dopo tante tecniche e purtroppo al giorno d’oggi anche il quadro più innovativo e originale avrà sempre un filo conduttore… un “de ja vu” per così dire, mancando di quel senso di sorpresa. Penso inoltre che la tecnologia a 0 costi, l’informazione la globalizzazione se da una parte da, dall’altra toglie, a mio parere. L’arte può far ritornare la centralità dell’uomo, e in questo senso penso possa aiutare.
Un tuo sogno nel cassetto?
Sono un provocatore e con questa domanda stimoli questo mio lato, quindi ti rispondo “lo spazzino” e ti spiego il perché: la notte non dormo e nell’immondizia si trovano spesso spunti e vite degli altri. Sarebbe un ottimo modo per sognare. es: una bottiglia di buon vino vuota, è l’inizio di una storia, o la fine?
Intervista di Ester M. Campese