Di Riccardo Bramante
Queste brevi righe vogliono essere un doveroso e personale omaggio ad un grande artista che ci ha lasciato in questi ultimi giorni: Piero Guccione, nato nel 1935 nel profondo sud della Sicilia , a Scicli, è stato uno dei pochi pittori viventi noti in tutto il mondo, “il più grande pittore degli ultimi 50 anni”, secondo il critico Vittorio Sgarbi.
Dopo aver studiato all’Istituto d’Arte di Catania e all’Accademia di Belle Arti di Roma, Guccione entrò a far parte nel 1962 del gruppo artistico “Il pro e il contro” che raccoglieva i principali esponenti della pittura realista di quegli anni, come Ennio Calabria, Ugo Attardi e Renzo Vespignani per poi essere definitivamente lanciato da Renato Guttuso di cui fu assistente per tre anni alla cattedra di pittura dell’Accademia di Belle Arti di Roma.
Nel frattempo iniziò a farsi conoscere anche all’estero in Australia, a New York, in Medio Oriente e in Nord Africa dove espose con successo alcune sue opere. Non meno attiva la sua presenza alle principali manifestazioni pittoriche italiane: invitato alla X e alla XII edizione della Quadriennale di Roma e a diverse edizioni della Biennale di Venezia ebbe dedicata da quest’ultima, nel 1988, una intera sala nel Padiglione italiano.
Nel 1993 anche Achille Bonito Oliva si interessò a lui invitandolo alla mostra “Tutte le strade portano a Roma ?” svoltasi al Palazzo delle Esposizioni di Roma. Nello stesso anno il Comune di Viareggio presentò una sua antologica dal titolo “Omaggio al Maestro” avente come argomento il mare. Il mare, appunto, è il suo tema ossessivamente ricorrente in cui “l’orizzonte non ha corpo, è una cosa infinita che cambia continuamente ma fisicamente non esiste”, come lui stesso affermava e per il quale fu definito “il narratore degli orizzonti” e “l’artista dell’azzurro”.
Tantissime furono ancora le mostre a cui Guccione partecipò, da Brescia, a Vicenza a Conegliano fino alle ultime due sue grandi esposizioni a Castellabate nel Cilento ed al Museo di Caltagirone nella sua Sicilia di cui fu curatore, insieme a Giuseppe Iannaccone, proprio Vittorio Sgarbi che di lui giustamente scrisse: “Nessuno ha rappresentato meglio di lui l’essenza ed il turbamento dell’uomo alla fine dell’universo di valori dell’Occidente”.
Articolo di Riccardo Bramante