Cosa ci sia dietro la trasgressione di un artista apolide e privo di abitudini estetiche come Daniele Faraotti non è facile dirlo anzi credo sia proprio un bivio in cui trovarsi a scegliere ad occhi chiusi. “Phara Pop Vol.1” è un progetto lontano dalle estetiche moderne che il tempo lo divora, lo richiama e poi lo anticipa. Trasfigura il pop, la forma, resistenza da una parte e rivoluzione dall’altra. Il nuovo singolo? Guardate il video e poi ne riparliamo:
Torniamo a parlare di “Phara pop” … col senno di poi che disco è stato? Che percezione hai avuto?
Prima di risponderti ti dico che “Calano i colli” non fa parte di “Phara Pop”. È un singolo, a cui farà seguito un altro singolo prima della pubblicazione del nuovo album. Ma torniamo al senno di poi, ancora non riesco a dirti nulla. Ne avrò una percezione più precisa tra qualche anno. Giorni fa, in rete, mi è passato davanti “ciò che non sei più”, il mio primo album. L’album è uscito nel 2008. Disco prolisso, tracotante, pieno di “ti faccio sentire io di cosa sono capace”. Beh, non ci crederai ma mi è piaciuto. Vabbè, il cantato è sempre un pò fanciullesco e per nulla smaliziato. In tal senso nessuna concessione, canto come mamma mi ha fatto. La musica però mi pareva ci fosse, e le canzoni
reggono, sia pur vecchie di 15 anni, fai anche 20 visto che prima di registrale me le son portate in tasca per un pò. Il MX lascia a desiderare e il MST ancora di più. Avevo fretta, fretta di buttarmi nella mischia, del resto avevo già superato la quarantina.
Che percezione ho avuto? Mi pare che “Phara Pop” abbia diviso, così come fanno sempre i miei lavori. C’è chi mi dà del Jim O’Rourche romagnolo, altri hanno scomodato Bowie e Battiato a cui vengo associato spesso. Qualcuno scomoda anche Beck, altri ancora hanno liquidato Phara Pop come album non riuscito, in sostanza una occasione persa. Tuttavia 4/5 recensioni molto positive mi hanno fatto illudere che l’ album fosse una pietra miliare ( grassa risata ).
È l’ascendente sagittario che mi fa sognare.
Dal vivo lo hai portato in giro?
No. Non faccio concerti. Non pagano. I cachet sono troppo bassi. Ho fatto una vitaccia per circa dieci anni. Lavorare, scrivere, fare concerti, registrare, produrre dischi e inoltre, provare, partire, rientrare tardi la notte. La cosa non si è evoluta. Il mio “daimon” è comporre. Se ne andava via una montagna di tempo e le condizioni non erano certo ideali. Ogni tanto mi arriva qualche richiesta ma le condizioni sono sempre le stesse. Dovessero cambiare, pronto a tornare on the road.
Ad ascoltarlo bene non è che svetti di chissà quale rivoluzione… e lo dico come complimento visto che molti parlano di novità. Lo dico anche pensando a quanta letteratura in fondo hai messo in scena… vero?
A dire il vero non capisco tutta questa ansia di definire, ossia anche generalizzare una musica e in questo caso delle canzoni. Di storie è pieno il mondo, è lo stile a fare la differenza? Ho uno stile? A che letteratura fai riferimento? Alla letteratura musicale? Ho già risposto altre volte in tal senso; il sacco è pieno, e quel che salta fuori scuotendolo, sicuramente mostra paternità e filiazioni verso cui però non ho alcuna responsabilità. Talvolta ci si riconosce nell’altro. C’è un passo nel sesto quartetto dell’op 18 ( la melanconia ) che parrebbe quanto di più autenticamente beethoveniano si possa immaginare. Un passo pieno di cose di Ludovico, tutte lì, vicine vicine, eppure, quella musica è presa pari pari da uno dei quartetti di Mozart, uno di quelli dedicati ad Haydn. Può capitare, succede, si metabolizza e ci si riconosce nell’altro. Mi piacerebbe confrontarmi su queste cose e in special modo con chi ha ascoltato con attenzione il mio lavoro. Succede raramente. Ma forse tu ti riferivi ai prestiti, alle elaborazioni tratte dalla letteratura, ai debiti verso Borges, Hayne e Campana.
E se ti chiedessi della bellezza? Questo brano parla di bellezza o di tempo?
Calano i colli canta apparentemente dello sfiorire della bellezza. Il tempo passa. Il tempo passa o ce lo rubano? Il testo, anche qui un debito, è l’elaborazione ad una risposta che Orson Welles rifila a Peter Biskind, Se il collo cala, la società sicuramente lo ha previsto e ti metterà ha disposizione un allungatore di collo ( mica a gratis), la qual cosa servirà anche a farti dimenticare che il collo te lo
allungano tirandotelo da sempre.
Lo specchio mi vede sempre più vecchio. Le inquadrature nei video le predispongo quasi sempre dall’alto. La pappagorgia aumenta. L’ ambizione rimane ma la bellezza sfiorisce.
E Daniele Faraotti che cosa è divenuto dopo questo lavoro?
Non ricordo più dove ho letto che circa ogni 9 anni il nostro corpo si rinnova completamente. Le cellule si danno un gran da fare per rinnovarsi completamente. Non sei più quello di prima. Ecco, mi pare che scrivere canzoni sia un modo per fotografare “ciò che non più”.