Paul Gauguin, in “Manaò Tupapaù“ (Spirito dei morti che veglia), dipinto del 1892, rappresenta una giovane Polinesia distesa sul giaciglio nuda, con lo sguardo spaurito che volge in direzione opposta a Tupapaù, spettro polinesiano dei morti, ritratto di profilo che osserva la giovane con l’occhio dipinto secondo le modalità egizie ad evocarne e rinforzarne la valenza mistica.
Lo spirito Tupapaù infatti è li come a farle da guardia, forse in attesa. E’ poggiato come ad una sorta di totem, messo lì non a caso, nell’identificazione delle caratteristiche tradizionali della vita polinesiana, sottolineate anche dalla presenza dal pareo blu scuro usato come copriletto. In tale accezione il pareo sta a simboleggiarne l’oscurità, rischiarata però dal lenzuolo giallo sovrapposto come per dare quel chiarore proveniente da una non identificata fonte di luce. Un nudo che nell’intento Gauguin è casto che quasi passa in secondo piano rispetto a ciò che realmente desidera rappresentare ovvero l’incubo dei canachi che è proprio Tupapaù.
Simbolismo anche nella titolazione dell’opera che ha doppia e circolare valenza quindi Manaò Tupapaù può contestualmente significare che la ragazza pensa al fantasma o che il fantasma pensa a lei. La scena è resa ancor più terribile dalla scelta cromatica del viola, colore che evoca la spiritualità. L’unico punto a rallegrare l’insieme e che fornisce un gradevole equilibrio cromatico è il cuscino arancione posto vicino alla fanciulla. Vi è nella rappresentazione pittorica voluta mancanza di realismo, ma il desiderio di esprimere la visione delle leggende delle antiche religioni nel primitivismo, ricco di significati magici.
Paul Gauguin, nato a Parigi nel giugno del 1848 visse i primi anni della sua vita a Lima, in Perù, dai nonni materni- Ritorna in Francia, ad Orleàns, nel 1855.
Iniziò a dipingere da autodidatta avvicinandosi prima all’impressionismo, ma comprendendo che non era la forma adatta a lui per esprimersi. Crea dunque quadri che, pur usando la luce impressionista, vanno verso la ricerca di una totale libertà espressiva, manifestando il suo desiderio di astrazione dalla realtà, dipingendo non ciò che vede ma come lo sente dentro, oltre il realismo dei colori che per Gauguin è limitante, portandolo a dipingere un cielo viola o un cane rosso, così come gli appaiono nella sua fantasia. Gauguin considerava la società occidentale, ipocrita e corrotta e dopo molti anni nella sua incessante ricerca del paradiso, nel 1895 va a Tahiti. In Polinesia, Gauguin si esprimerà ai massimi livelli, e convisse con Pahura, quattordicenne fino alla sua morte, nel maggio del 1903 a Hiva Oa. Per l’uso del colore “anti naturalistico” e la sua forza evocatrice Gauguin sarà un modello per le generazioni, considerato dai critici d’arte l’ispiratore della corrente simbolista con l’espressione di sogni, idee e visioni.
Di Ester M. Campese