di Riccardo Bramante
Situato su una collina a poca distanza dal mare di Capalbio si trova il Giardino dei Tarocchi, grandiosa opera dovuta alla fantasia e creatività della multiforme artista franco-americana Niky de Saint Phalle che si impegnò in questa affascinante impresa con l’intento di riprodurre su grande scala una serie di gigantesche sculture ispirate agli Arcani Maggiori delle carte dei tarocchi.
Venuta in contatto con la famiglia Caracciolo, e in particolare con la giovane Marella, moglie di Gianni Agnelli, nel 1979 la de Saint Phalle acquistò da loro un terreno in località Garavicchio dove iniziò a lavorare, anche con la collaborazione di personale abitante nelle vicinanze, per dare vita ad un affascinante ed esoterico viaggio tra sculture rappresentanti i 21 tarocchi maggiori che oggi ci vengono incontro lungo il sinuoso percorso del giardino; sorgono per prime le opere in ferro ricoperto da cemento, poi rivestito con mosaici e specchi, rappresentanti il Mago, la Grande Sacerdotessa, l’Imperatore, la Morte, il Mondo, il Papa e man mano tutte le altre in uno stretto dialogo tra natura, architettura e scultura.
E non solo maestose sculture alte anche 15 metri, ma ecco sorgere pure luminosi saloni con facciate barocche rivestite di gemme e mosaici colorati perché le favole (e il Giardino dei Tarocchi può definirsi una favola) vogliono magnificenza e gioia rappresentando i sogni e anche le paure ancestrali che tutti gli esseri umani conservano dentro di loro. Talmente accoglienti sono questi interni che l’artista, nel 1983, trasferì la propria abitazione e laboratorio proprio all’interno della scultura dell’Imperatrice a forma di Sfinge, dotandola di tutti i comfort necessari per un soggiorno prolungato che durò fino al 1990 quando partì definitivamente, per motivi di salute, per la California da dove, peraltro, continuò a dare istruzioni e inviare sovvenzioni per il completamento dei lavori fino alla sua morte avvenuta nel 2002.
In tutto il complesso sono evidenti i riferimenti al Parc Guell dell’architetto catalano Antoni Gaudì a Barcellona, ma qui non c’è solo colore e luce, ma anche una profonda ricerca spirituale che dà al tutto “una magia più forte della morte” per citare lo scultore svizzero Jean Tinguely che collaborò con la de Saint Phalle alla creazione del complesso.
E anche le grandi dimensioni delle donne da lei rappresentate hanno una loro ragione perché, come lei stessa affermava “gli uomini lo sono e bisogna che loro (le donne) lo siano di più per poter essere uguali”, anticipando, con ciò, i temi cari ai successivi movimenti per l’emancipazione delle donne.