di Riccardo Bramante
Battendo la concorrenza di film del calibro di “Pinocchio” di Matteo Garrone e “Favolacce” dei fratelli D’Innocenzo, la speciale Commissione dell’Anica ha designato quale candidato all’Oscar 2021 per la sezione “Miglior film internazionale” il docufilm di Gianfranco Rosi “Notturno”, già presentato in anteprima alla 77° Mostra Internazionale del Cinema a Venezia e poi in diversi festival a New York, Tokyo, San Paolo e Vienna raccogliendo ovunque critiche entusiastiche.
Per raggiungere l’obiettivo finale dell’Oscar, il lavoro dovrà ora entrare nella “short list” di 10 titoli il prossimo febbraio e poi nelle 5 “nominations” previste il 15 marzo 2021; sarebbe, questo, un grande successo della cinematografia italiana che non entra in finale agli Academy dal lontano 2014, quando trionfò con “La grande Bellezza” di Sorrentino.
“Notturno” è stato girato in 3 anni nelle zone di guerra del Medio Oriente, tra Irak, Siria, Libano e Kurdistan, descrivendo dal vivo luoghi e persone, ma non è un reportage di guerra ma una narrazione per immagini e incontri ravvicinati che viene a costruire una realtà fatta dalle singole persone , una “umanità” che viene a trovarsi suo malgrado in situazioni drammatiche con momenti estremamente intimistici, come nella scena della donna che va a trovare il figlio in prigione torturato ed ucciso, a comuni situazioni di vita quotidiana, come il salotto che viene preparato ogni notte per accogliere una intera famiglia di sfollati.
Proprio per come è stato concepito inizialmente il film, c’è da una parte improvvisazione e adattamento alle particolari situazioni vissute, bilanciato, peraltro, da un continuo controllo formale e cromatico che però mai sconfina nell’estetica fine a se stessa.
Con questo film Rosi da vita ad un dramma umano che trascende le divisioni geografiche e ideologiche, concentrandosi, invece, sulla quotidianità che è dietro una guerra civile tra dittature feroci e ingerenze straniere con i personaggi che non sono attori ma fragili presenze all’interno di un dramma generale i cui confini spesso sono disegnati più che sulle carte sulla pelle delle persone comuni. Tanto più in un’area come quella del Medio Oriente dove – come dice lo stesso Rosi- “ l’idea di confini non appartiene a quella gente ma sono stati tracciati a tavolino nel 1916 dalle potenze coloniali senza tener conto della cultura e della storia di quei luoghi”.
Un film da vedere, dunque, anche se ci spezza il cuore offrendoci uno spaccato della realtà tumultuosa in cui viviamo oggi.