di Riccardo Bramante
Il 61° “Festival dei 2 Mondi” di Spoleto si è ufficialmente aperto con la rappresentazione al Teatro Nuovo dedicato a Giancarlo Menotti della nuova opera musicale di Silvia Colasanti “Minotauro”, tratto da un racconto di Friedrich Duerrenmatt.
Fedele al “fil rouge” dell’intera programmazione, che, secondo quanto affermato dal Direttore artistico del Festival, Giorgio Ferrara, sarebbe stata la ricerca interiore e la scoperta di se stessi, anche questa opera ha pienamente raggiunto l’obbiettivo perché tutti si sono sentiti un poco Minotauro con i suoi struggimenti umani e spirituali.
E’ nota la leggenda di questo mostro che rinchiuso a Creta in un labirinto di specchi vede solo se stesso riflesso ovunque e solo nel momento in cui Arianna e Teseo irrompono nel labirinto distruggendo gli specchi il Minotauro si rende conto di essere stato fino ad allora sempre solo e scopre se stesso e la sua immagine orrenda in confronto ai due esseri umani che lo stanno per uccidere.
Il profondo significato morale del racconto è ottimamente sottolineato dalla forte scrittura musicale di Silvia Colasanti definita da Giorgio Ferrara il “Mozart italiano” e dalla splendida scrittura del libretto di Renè de Ceccatty e dello stesso Giorgio Ferrara che ne è anche il regista e scenografo; il tutto illuminato dalle luci immaginifiche di Fiammetta Baldisseri e dai fantasiosi e colorati costumi di Vincent Darrè.
I cantanti dal baritono Gianluca Margheri (Minotauro) alla soprano Benedetta Torre (Arianna) al tenore Matteo Falcier (Teseo) pur se giovanissimi sono stati all’altezza del lavoro mostrando ottime doti canore e tecniche. Non da meno è stata l’”Orchestra Giovanile Italiana”, diretta da Jonathan Webb, che ha portato un soffio di giovinezza alla manifestazione con i loro interpreti tutti poco più che ventenni (il primo violino ha solo 19 anni).
Nel contesto dell’opera, piace, infine, ricordare il momento più significativo, il doloroso “Canto degli Uccelli”, organizzato quasi come un oratorio laico, in cui si è voluto rappresentare una sorta di presa di coscienza del Minotauro posto finalmente difronte al suo vero essere.
Come nota folkloristica è anche da ricordare il libretto di sala che, con la sua copertina lucida come uno specchio opaco, ha reso gli spettatori ciascuno “Minotauro” per vedersi e, attraverso l’opacità, cercare meglio il vero proprio Io; pubblico che alla fine della rappresentazione ne ha decretato il successo con ben otto minuti di applausi.
di Riccardo Bramante