di Riccardo Bramante
Undici anni dopo il suo ultimo film, Sophia Loren torna sul set per girare come protagonista una pellicola da titolo “Una vita davanti a se” diretta e scritta dal figlio Edoardo Ponti insieme allo sceneggiatore Ugo Chiti.
L’opera, tratta dall’omonimo romanzo di Romain Gary, è stata fortemente voluta dalla società di distribuzione Netflix che ne curerà la diffusione in tutto il mondo a partire dalla seconda metà di quest’anno. E’ la storia di una donna, Madame Rosa, che dopo essere sopravvissuta all’Olocausto si prende cura dei più poveri e dei reietti della società tra cui Momo, un giovane senegalese che ha tentato anche di derubarla e che lei, invece di denunciarlo, ha preferito tenerlo con se formando una piccola famiglia.
Così, a 85 anni e con 2 Oscar alle spalle, la Loren si fa dirigere per la terza volta dal figlio Edoardo dopo le esperienze già fatte nel 2002 con “Cuori estranei” e successivamente nel mediometraggio “La voce umana” tratto dal noto monologo di Jean Cocteau.
Questo lavoro, girato a Bari tra la Fiera del Levante ed il quartiere S. Girolamo, ci presenta una protagonista, la Loren, ormai avanti negli anni, con i capelli ingrigiti dal tempo e infagottata in un lungo e semplice abito a fiori ma sempre imponente come una regina in un ruolo che probabilmente rimarrà tra quelli più importanti della sua carriera a conferma (se anche ve ne fosse stato bisogno) di quanto da lei stessa sempre sostenuto:” Niente rende una donna più bella della convinzione di esserlo”.
Accanto a lei fanno parte del cast il giovane senegalese Ibrahima Gueye nella parte di Momo, Renato Carpentieri, che tanto successo ha avuto con il suo ultimo film “Hammamet” e Massimiliano Rossi, attore ne “Il primo Re”.
Insieme al piacere di girare nuovamente un film con il figlio, la Loren ha voluto sottolineare come la storia raccontata voglia essere un inno alla integrazione e alla tolleranza, soprattutto in un momento come l’attuale in cui questi valori sono messi in discussione. Né è mancato un suo elogio per la società di distribuzione Netflix in cui –a suo dire- ha trovato “una ampiezza di respiro ed una diversità culturale in grado di scoprire talenti locali in ogni Paese perché tutti hanno il diritto di essere ascoltati”.