Bella questa immagine di copertina dentro cui l’individuo si perde, si mescola… cos’è davvero confusa, la sua strada o la sua essenza? Perdersi in questa vita che poi diviene anche sinonimo di viaggio, quel viaggio che ognuno è chiamato a fare. Rahimi canta con una rabbia e un fuoco di passione anche dentro momenti più intimi, rapper e cantautore, quasi come non accettarla questa sfida, quasi come non volerla vedere necessaria. Eppure lo è, sembra… “Esserci” in fondo non è un titolo che passa in sordina e di certo non è un titolo che fa finta di niente.

L’estetica oggi significa tutto: il rap di Rahimi è anche un modo di vestire e di stare tra la gente?
Non proprio tutto secondo me, ma penso sia giusto che l’estetica abbia la sua importanza, perchè come si mostra e si cura una persona, molte volte è anche un riflesso di quanto tiene a se’ stessa e alle sue cose. Se Rahimi fosse un modo di vestire sarebbe: non vestirti sempre in maniera elegante, ma sii elegante con qualunque vestito.

Parliamo di look: esiste un direzione artistica anche in questo? Rahimi veste come canta?
Parlando questo disco di vita quotidiana, mi sono vestito come mi vestirei per uscire durante la giornata, in un giorno come gli altri. Naturalmente mostrando quello che è il mio gusto, ma in questo caso in un’ottica parziale, dato che mettere un completo, o altri indumenti, sarebbe stato fuori luogo secondo me. Ad ogni modo mi piacciono tutti i tipi di abbigliamento e infatti ho indumenti variegati nel mio armadio: felpe streetwear e dolcevita, canotte da basket e completi, maglie da calcio e cappotti, camicie di flanella e di lino, jeans e pantaloni della tuta, sneakers e scarpe stringate. Ognuno di questi può essere utilissimo o disastroso a seconda dell’occasione in cui mi presento a cantare.

E tutto questo, estetica, gadget, abbigliamento… ha anche a che fare con il suono?
Assolutamente no. Il suono e la musica sono indipendenti da tutto ciò che sarà poi il contorno, poichè essendo la madre del processo creativo deve generare liberamente ciò che vuole. Una volta che il suono poi è stato partorito, si può e deve creare un’estetica coerente, ma ripeto che ciò dipende comunque e sempre dal luogo, perchè potenzialmente un pezzo trap suonato in un orchestra può essere benissimo abbinato ad un fraque.

La produzione del tuo primo disco da chi è firmata? Autoproduzione in tutto o c’è farina del sacco altrui?
Dal mio amico Giorgio Casiraghi, età 21, di Pescara. Ci vediamo nel quotidiano da ormai 4 o 5 anni e solo da un paio abbiamo incominciato veramente a lavorare assieme, nonostante ci siamo conosciuti proprio con e per la musica. La vita è proprio strana e ci mette delle volte anni a fare percorsi che visti dall’alto sarebbero percorribili in pochi minuti. Ad ogni modo, ci sentirete ancora in accoppiata, spero per tanto tempo.

“Esserci” è però un titolo che con l’estetica ha poco a che fare: la ricerca anche della verità che non vuole maschere?
Esatto, la verità non vuole maschere. Un titolo ed un concept come “Esserci” sembrano cozzare con l’estetica perché quest’ultima viene usata per coprire e non per mostrare: un look trasgressivo può voler nascondere una fragilità emotiva, un dress code può essere usato da tanti solo per omologarsi e non sentirsi diversi (che può far incorrere in scelte d’abbigliamento inusuali), un fisico può essere truccato per risultare bello sui social secondo i canoni, o addirittura allenato e drenato per nascondere con la bellezza esteriore un’insicurezza interiore. L’estetica deve essere verità, deve essere una trasposizione visiva di ciò che siamo, cosa pensiamo di noi e come ci vediamo. Non deve essere totalizzata, ma deve Esserci.