di Riccardo Bramante
Il 6 luglio di ogni anno si festeggia la “Giornata mondiale del bacio” e per celebrare la ricorrenza ci piace ricordare la storia di questo intimo gesto d’amore come è stato descritto nel cinema.
I primi, incerti passi si hanno quando il naso di John C. Rice, baffetti a manubrio perfettamente lisciati, urta goffamente il naso della matriarcale Mary Irwin nel film “Il bacio” del 1896; fu questo il primo momento in un certo senso “erotico” del cinema e coincise, ovviamente con il primo intervento della censura pubblica. “Lo spettacolo del prolungato pasturare (sic!) l’uno sulle labbra dell’altro sarebbe stato difficile da sopportare in una dimensione naturale, ma ingrandito a proporzioni gigantesche è assolutamente disgustoso”, scrisse l’editore Harold S. Stone.
Ma l’opinione del grande pubblico non fu la stessa e poco dopo arrivarono i baci mozzafiato di Clark Gable con Jean Harlow in “Hold your Man” (“L’uomo che voglio” nella versione italiana) e poi con Vivien Leigh in “Via col vento”, forse il bacio più famoso di tutta la cinematografia. Ma il bacio più lungo è certamente quello tra l’eterno Cary Grant e Ingrid Bergman in “Notorious” di Alfred Hitchock che dura circa tre minuti in una maratona di effusioni che è di fatto più sensuale di quanto sarebbe stato un unico, lungo bacio; il tutto in barba alle rigide regole che erano state emanate al riguardo dai censori e dalle stesse produzioni cinematografiche che temevano tagli dannosi per il botteghino.
Spesso il romanticismo di un bacio è determinato da un elemento di mistero come ne “L’Imperatrice Caterina” in cui Marlene Dietrich si copre il viso con un velo prima di permettere a John Lodge di baciarla o anche nell’immagine di Grace Kelly che si china su James Stewart al suo risveglio ne “La finestra sul cortile” ripresa al “ralenti” e alquanto sfocata.
Ma il bacio “mancato” più famoso è, invece, quello del finale di “Casablanca” in cui Humphrey Bogart e Ingrid Bergman antepongono la difesa della patria al loro amore in una scena di addio traboccante di desiderio trattenuto.
Tutto cambia negli anni ’60 e ’70, quando registi come Francis Ford Coppola, Robert Altman e tanti altri iniziano ad osare di più come nel bacio tra Dustin Hoffman e Anne Bancroft (rispettivamente Ben e la signora Robinson ne “Il laureato”), bacio che viene dato sulle labbra sfidando non solo le convenzioni sull’età ma soprattutto i silenzi fino ad allora mantenuti su temi scottanti come l’adulterio.
E ancora: “Mai baciare i clienti sulla bocca” raccomanda l’amica Kita a Julia Roberts in “Pretty Woman”, ma la raccomandazione non ha effetto quando di fronte c’è Richard Gere!
Ci sono, poi, baci anche dove non te li aspetti come quelli a testa in giù di “Spiderman” o quelli “fatali” tra Michael Douglas e Glenn Close in “Attrazione fatale” o i tanti baci stereotipati dei film di James Bond, dove, magari, è la situazione quella che non ti aspetti ma sai che prima o poi il bacio (e altro) arriverà.
Ma il bacio può essere anche non romantico e assumere il significato di un avvertimento; è il caso del sequel de “Il Padrino” in cui il capo boss Michael Corleone (Al Pacino) fissa il fratello Fredo in maniera fredda e spietata perché ha scoperto il suo tradimento e lo bacia sulla bocca per l’ultima volta, a simboleggiare la fine di un rapporto anche familiare.
Per concludere ci piace qui ricordare il finale di “Nuovo Cinema Paradiso” in cui Giuseppe Tornatore fa rivedere al protagonista, ormai affermato regista, una serie di spezzoni di pellicole che lui aveva visto da bambino nel cinema parrocchiale debitamente depurate dal severo parroco di tutti gli accenni a baci o altre effusioni; è il significato dell’immortalità del cinema nonostante il trascorrere del tempo e gli ostacoli delle censure.