di Riccardo Bramante
Decisamente originale è questa edizione tratta dallo “Gianni Schicchi” pucciniano messa in scena al teatro Mongiovino di Roma dalla Associazione Culturale InCanto, il Coro Roma Tre e gli studenti dell’Istituto comprensivo Piazza Sauli, sotto la direzione artistica e musicale di Isabella Ambrosini, che ha ideato e costruito lo spettacolo insieme a Roberta Arcese, Patrizia Martinelli e la preparatrice vocale Anna Maria Formicola.
E’ quasi superfluo ricordare qui chi è Isabella Ambrosini: uno dei pochissimi direttori d’orchestra donna italiani che si siano esibiti sia in Italia che all’estero in sedi prestigiose e avanti a eminenti personalità come il Papa Giovanni Paolo II ed il Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi; ma in questa occasione si è presentata nelle vesti di insegnante musicale soprattutto per i giovani (non per nulla è la fondatrice del Festival “Nuove voci della lirica” per talenti emergenti).
L’originalità di questo spettacolo è, infatti, che i presentatori, i narratori e gli interpreti siano soprattutto giovanissimi tra gli 8 ed i 13 anni nelle parti dei singoli personaggi di questa “opera comica” che Giacomo Puccini compose nel 1918 ambientandola nella Firenze del 1200 in cui Gianni Schicchi dè Cavalcanti, uomo del popolo ma dotato di acume e furbizia, si sostituisce al ricchissimo Buoso Donati che, appena morto, si scopre aver lasciato tutti i suoi beni ad un convento con grande disappunto dei parenti più prossimi che attendevano con ansia di ereditare, tanto che uno di essi, Rinuccio, propone di rivolgersi a Gianni Schicchi per trovare una soluzione a loro favorevole. Quest’ultimo, dietro le insistenze della fidanzata Lauretta, si sostituisce al defunto ma, in presenza del notaio chiamato a redigere le ultime volontà, lascia tutti i beni …a sé stesso, beffando tutti gli avidi parenti.
Ma le “sostituzioni” in questo spettacolo sono multiple; infatti, negli snodi fondamentali della trama e nei più noti brani musicali i giovani interpreti sono “sostituiti” da veri cantanti lirici: ed ecco, allora, la soprano Emanuela Di Gregorio (Lauretta) eseguire l’aria “O mio babbino caro”, il baritono Alessio Quaresima Escobar (Gianni Schicchi) cantare le arie “In testa la cappellina” e “Addio Firenze” il tenore Daniele Centra (Rinuccio) intonare l’aria “Firenze è come un albero fiorito”, il tutto accompagnato dai solisti del Coro Roma Tre con al piano Mehee Kim e con i “diavoletti” Lorenzo Cancia e Sergio Tirletti, quest’ultimo tanghero oltre che cantante, nelle vesti di “agitatori” ed animatori del gruppo che hanno anche ballato il tango tra un tranello e l’altro delle scene.
Grande è stato il successo di pubblico che al termine dello spettacolo ha applaudito a lungo tutti i numerosissimi interpreti i quali, a loro volta, hanno ringraziato attraverso le parole della stessa Isabella Ambrosini che ha tenuto a sottolineare come lo spettacolo sia stato non solo un modo di avvicinare i giovani alla musica ma anche un esercizio di liberazione della loro creatività nel ballare, nel vestirsi dei giusti costumi e anche nel cantare pur se non avevano mai studiato canto fino a quel momento.
Articolo di Riccardo Bramante