
Nato in Lucania nel 1933 ma presto trasferitosi a Roma e poi addirittura in Germania a Monaco di Baviera dove soggiornò alcuni anni e dove conobbe anche la sua futura moglie, l’artista cercò da subito di far rivivere la poesia del passato attraverso i suoi paesaggi ariosi e pieni di lontananze e nelle sue figure ambigue e talvolta paradossali creando una serie di suggestioni che si sovrappongono con l’insistenza dei ricordi, mescolando passato e presente con una facoltà visionaria che incanta. Il suo stesso arcaismo, nutrito di fonti principalmente romaniche e gotiche, non si risolve mai nel prodotto erudito o a una scelta ironicamente evasiva, ma esprime invece la partecipazione al dramma di cui l’uomo d’oggi soffre costituito dal mito erroneo e pericoloso di un’attualità astratta.
E che egli non sia un divertito narratore di favole lo rivela la carica emotiva e lo spessore umano che tra espressioni ironiche o grottesche spiccano in tante sue opere; il suo mondo poetico è molto più complesso e molto meno “surreale” di quanto può apparire a prima vista poiché la sua memoria del passato ha densità e gravità ammonitrici, non rinchiudendosi nel vagheggiamento di tempi remoti ma calandosi dalla mitologia nella realtà del presente.

Da un punto di vista più strettamente “tecnico”, molto ricorrente è nei suoi quadri l’utilizzo dell’oro come colore e come nobile simbolo costituendo anche un ricordo di quella Scuola dei Maestri senesi che tanto lo incantò da giovane. Ma, d’altra parte, i suoi paesaggi non vogliono rappresentare l’amore per la natura ma l’amore che l’uomo impegna nel trasformare la natura, dandole i connotati e lo spirito della propria regione.
Numerose sono state le mostre di Gaetano Pompa sia in Italia che all’estero e non solo nel campo della pittura ma anche della scultura, dell’incisione e del disegno a cui non corrispose, almeno in Italia, una pari fama, tanto da giustificare quanto lo stesso Vittorio Sgarbi scrisse pochi anni dopo la sua morte avvenuta ad Ansedonia nel 1998: “ Pompa, nonostante l’immensa mole di opere prodotta, non ha quasi bibliografia” ed è quindi “infinitamente meno noto di quanto meriterebbe”.
Articolo di Riccardo Bramante