di Riccardo Bramante
La Cinemathèque Francaise di Parigi ospiterà dal 10 ottobre 2018 al 27 gennaio 2019 una ampia retrospettiva del grande regista romano Sergio Leone scomparso nel 1989 dal titolo evocativo “Il ètait une fois Sergio Leone”. L’evento, organizzato in collaborazione con la Cineteca di Bologna, si trasferirà successivamente a Roma per celebrare i trenta anni dalla morte di quel geniale “artigiano” che rivisitò ex novo un genere cinematografico dato per morto già agli inizi degli anni ’60, almeno nella interpretazione americana con indiani e cowboys protagonisti.
Nei suoi film, Leone non fa certamente una parodia dei western classici ma, al contrario, li prende pienamente sul serio reinventandoli, però, per dare loro un senso più ampio e simbolico.
Malignamente definiti come “spaghetti western” dai critici disorientati dalla novità di interpretazione del genere, i film di Leone racchiudono in sé sia lo spirito infantile del fanciullo che si incantava a vedere i western americani, sia la grandiosità e la apertura delle opere cinematografiche prodotte negli studi della Hollywood sul Tevere che era allora Cinecittà o nei grandi spazi brulli della Spagna.
Con Leone il genere western non sarà più autoesaltante e talvolta anche menzognero; nessuno può più ignorare che l’America è stata edificata su un cimitero di Indiani e con pistole che avevano sempre l’ultima parola: è uno stereotipo che gli stessi americani non vogliono più vedere, in un vero e proprio processo di smitizzazione che, non a caso, coincide negli anni ’70 con l’identico processo che colpisce la guerra nel Vietnam.
Ed ecco allora i western di Leone, in cui non ci sono più indiani ma veri gangsters, imprenditori senza scrupoli e sicari con l’arma facile; il tutto, però, narrato con spirito quasi “primitivo”, in cui “la lentezza del racconto unito alla fulmineità dei dettagli, i silenzi alternati ai suoni della natura, la scelta delle facce insieme al connubio indissolubile con le musiche di Ennio Morricone” danno il senso della grandezza rivoluzionaria del regista, come tiene a sottolineare Carlo Verdone che di Leone è stato grande ammiratore oltre che giovane collaboratore.
In dettaglio, nella mostra di Parigi saranno proiettati i sette film di Leone a cominciare dal suo primo, “Il colosso di Rodi” alla Trilogia del dollaro (“Per un pugno di dollari”, “Per qualche dollaro in più”, “Il Buono, il Brutto e il Cattivo”) fino alla Trilogia del Tempo (“C’era una volta il West”, “Giù la testa”, “C’era una volta in America”); ci saranno anche alcuni film di cui il regista è stato produttore: dai primi cult di Carlo Verdone (“Un sacco bello”, “Bianco, Rosso e Verdone”, “Troppo forte”) a “Il mio nome è Nessuno” di Tonino Valerii a “Il giocattolo” di Giuliano Montaldo. Il tutto completato con documentari, foto, conferenze ed un libro che danno una immagine completa di questo cineasta popolare, commerciale e allo stesso tempo sperimentale che costituisce, secondo il critico Luc Moullet “un raro esempio di una avanguardia compresa ed amata dal grande pubblico”.
di Riccardo Bramante