In coincidenza con il 53° anniversario della sua morte, Assisi ricorda Riccardo Francalancia con una grande mostra dal titolo “Francalancia, il ritorno alla figura tra De Chirico e Donghi”. L’esposizione, che si aprirà il 18 maggio nello splendido Palazzo Bonacquisti, curata da Vittorio Sgarbi, Beatrice Avanzi e Michele Dantini, offre una ampia selezione di opere provenienti da collezioni pubbliche e private che aprono la vista su quell’universo incantato di una delle più poetiche e suggestive correnti artistiche del Novecento, il “Realismo magico”, di cui Francalancia fu, appunto, uno dei maggiori esponenti.
Nato ad Assisi nel 1886 da una ricca famiglia umbra, Francalancia abbandonò ben presto la carriera bancaria a cui era destinato per dedicarsi completamente alla pittura anche senza aver frequentato scuole ed accademie, ma da puro autodidatta, frequentando a Roma i personaggi che, dalle salette del mitico Caffè Aragno alla abitazione dei fratelli Bragaglia, segnavano il passaggio dalle esperienze del futurismo e delle avanguardie ad una ricerca più vicina a quelle “forme immutabili ed eterne” che si richiamavano al Trecento di Giotto e di Simone Martini.
Appunto al 1919 risalgono i suoi primi dipinti ad olio, in prevalenza nature morte e paesaggi, le cui atmosfere sospese ed immote rivelano comunque, sia pure in un’ottica primitiva ed anche un poco naif, la sua scelta stilistica verso un realismo in cui primitività e ricerca dal vero si fondono felicemente.
Nel 1921 tenne la sua prima esposizione internazionale a Berlino nel quadro della mostra “Das junge Italien” (La nuova Italia) insieme ad artisti già affermati quali Carrà, Morandi, Martini, De Chirico per poi aderire al movimento “Valori plastici” fondato dal pittore ed editore d’arte Mario Broglio con cui partecipa alla Rassegna Fiorentina Primaverile presentando quadri in cui la realtà oggettiva si trasfigura e si isola in atmosfere rarefatte con intonazioni metafisiche non dimenticando, però, riferimenti ai trecentisti senesi e alla pittura toscana ed umbra del Quattrocento.
A ben ragione, perciò, lo stesso Vittorio Sgarbi, nella sua presentazione, ricorda che “lo spazio naturale e spirituale di Assisi, il paesaggio e lo spirito di Giotto erano dentro lui: un abito mentale, una dolcezza meditata, una poesia delle cose”.
Gli anni ’30 costituiscono il periodo di maggiore attività e produttività di Francalancia; partecipa alla prima Quadriennale romana, alla Biennale di Venezia e la Galleria Nazionale d’Arte Moderna gli commissiona un quadro, “Estuario del lago Trasimeno”, in cui si esprime ancora una volta il suo amore per l’Umbria. Nello stesso tempo, i suoi paesaggi si addolciscono e, pur mantenendo una poetica di fondo naif, fanno emergere morbide intonazioni sentimentali e più calde cromatiche.
Dopo un lungo periodo di interruzione della sua attività a causa di una malattia, Francalancia partecipa alla Quadriennale romana e a numerose altre personali in cui ritornano i suoi soggetti preferiti, le nature morte ed i paesaggi umbri e laziali, che rivelano una maggiore ricerca naturalistica con una resa pittorica più sciolta e soffusa.
Altri lavori si susseguono, a partire dagli anni ’50 con personali a Roma presso le Gallerie Russo e Nuova Pesa e partecipazioni ad importanti eventi artistici quali l’antologica presentata al Centro culturale Olivetti di Ivrea fino alla sua scomparsa avvenuta il 20 maggio 1965.
Di grande interesse è, pertanto, questa mostra di Assisi in quanto non solo raccoglie per la prima volta ben 50 delle sue opere ma presenta anche 90 lavori dei maggiori pittori suoi contemporanei quali De Chirico, Casorati, Donghi, Capogrossi, Rosai e tanti altri che ricostruiscono idealmente il clima di quel periodo tormentato ma profondamente creativo.
La mostra rimarrà aperta al pubblico fino al 4 novembre.
Articolo di Riccardo Bramante