L’avevamo saputo tra le pieghe di quel “Deejay On The Road”, già con un disco d’esordio alle spalle e ora con un secondo lavoro dentro cui l’identità e il tempo presente (non un altrove immaginifico), sono punti fermi. E questa copertina, come i protagonisti dei video in rete… e non tanto i colori quanto la concretezza di una identità. “Kill Your Dreams” è il nuovo disco del producer 2Moellers, moniker di Sandro Moeller, sulla scena ormai dal 2007. E noi indaghiamo tra le pieghe di un suono tutto prodotto in cuffia e che tanto sembra guardare in un intimismo antico di qualche anno…
L’estetica delle cose ci comunica un bisogno di evasione dalle nostre province. Insomma: siamo in un terreno internazionale, anzi apolide… vero?
La speranza è per me sempre quella di poter esprimere un linguaggio universale. Non nascondo però che non mi dispiacerebbe poter un giorno affermare “ecco un progetto dal sound Italiano adatto ad essere esportato in tutto il mondo”. Concetto non legato alla fama ma ad una certa mia idea di quella che dovrebbe essere l’arte. Non vorrei addentrarmi in discorsi complessi e polemici, c’è di sicuro un’evasione da una certa cultura legata all’ascolto passivo, alle mode e al non riconoscimento sociale dell’importanza dell’arte nelle nostre vite.
Ma comunque urbano. Sembra che tu abbia necessità del cemento e dei palazzi ma anche di un certo quotidiano degrado edilizio… il suono di 2Moellers è anche questo?
Più che altro stai descrivendo la mia persona. Io amo la città, la contrapposizione fra le costruzioni moderne e la storia. Amo i grattacieli pieni di luci e la piccola casa nello stile caratteristico di un luogo. Le stradine dei borghi e i grandi stradoni che tagliano in due la città. Così come amo la sensazione di un grande parco e l’ispirazione di uno spazio abbandonato. Del resto vivo a Milano per questo, pur amando il paese di mare dal quale provengo (Giulianova TE in Abruzzo). Sono contento quando riesco a trasmettere con la mia arte questo concetto.
E nel video di “Get Down”, video che forse ha in qualche modo condizionato anche le impressioni precedenti, un altro punto chiave è la multietnia… è solo estetica oppure ha qualche legame con la lettura del suono e della scrittura?
Il video di “Get Down” non è stato prodotto a caso infatti, il concetto è legato a quanto detto precedentemente ma anche alla varietà degli esseri umani presenti in tali contesti. Kill Your Dreams invita l’ascoltatore a realizzare ed uccidere i propri sogni, qualunque essi siano. L’album contiene tracce abbastanza diverse fra loro, e sia i suoni che i video vogliono manifestare la forza delle differenze, ma il mio intento è anche quello di spingere il singolo ad esprimersi per quello che realmente è, così da poter dar forza al collettivo. Quindi si urla, si salta e si balla in luoghi non consoni per il pensiero medio della società in cui viviamo che, ancor più oggi, vuole che si facciano cose solo “nei luoghi consoni e a norma”, etichettando tutto per poter poi dire questo è giusto o è sbagliato, questo è bello o è brutto, e limitando altresì la libertà di espressione del proprio essere.
Oggi, nel tempo liquido di tutti, un suono visionario privo di riferimenti ma altamente contemplativo, come comunica con la società secondo te?
Questa è una grande e complessa domanda. Tra le obiezioni che mi sono state mosse, c’è stata quella della perdita di attenzione dell’ascoltatore distratto, “il tipo in macchina”, come lo chiamo io (anche perché a volte lo sono anch’io ?).
Vorrei avere una formula per la comunicazione in questi casi ma la verità, a prescindere dal mio album che magari potrebbe non meritare attenzione (non è vero, l’album è fantastico ?), è che non c’è più, generalizzo, la propensione all’ascolto. Si vuole subito un ritornello semplice semplice da canticchiare (specialmente in Italia), un testo non criptico, ed una musica dagli accordi semplici e piacevoli. Invitare all’ascolto è, in questo contesto, difficile ma si può fare qualcosa in fase di produzione e non solo per inviare un messaggio al cervello e dire ehi, ci sono anch’io qui, ed ottenere attenzione. È un momento storico in cui l’associazione al video aiuta l’ascoltatore a comprendere il suono, come accade nelle serie TV, e in molti casi anche l’aspetto di un artista, o l’abbigliamento, la forza nei social, le foto, le provocazioni visive. Ma per rispondere in modo più concreto alla tua domanda probabilmente, come per tanti altri aspetti, bisognerebbe anche educare a, più che trovare un modo per.
Che il tutto non si risolva in mera estetica come spesso accade negli spot televisivi o dentro ai film?
Ecco, in parte ho risposto già prima. Tornando sull’argomento, è abbastanza frustrante sapere per chi produce un certo genere di musica, che qualcuno possa ad esempio scoprire un Apparat, solo per averlo sentito in uno spot o in un film, o vedere esaltazione per un brano particolare sentito in una serie TV perché legato ad una determinata scena. Ci può stare ma non dovrebbe essere la norma come accade oggi. Peggio ancora quando si cerca di promuovere la propria arte mettendo in risalto altre arti, o in alcuni casi altre doti, prima ancora dell’opera stessa. Io ho prestato la mia musica a spot televisivi e al teatro, ma è capitato pochissime volte di cedere musiche già composte, ho quasi sempre scritto basandomi sull’idea che si voleva trasmettere, e a volte l’ho proprio preteso, perché in quel contesto era l’idea appartenente ad un’altra arte che doveva essere “rafforzata” dalla mia musica. Faccio quindi di nuovo riferimento “all’educazione a”. Ma nell’era in cui molti “a capo della musica” dicono che dovrebbe essere Tik Tok il riferimento per le opere musicali, non posso essere positivo sull’argomento. Il mio album certamente è anche volutamente in contrasto con tutto ciò anche se, devo dire in modo molto naturale, ho cercato di rivolgermi anche al non ascoltatore del genere abituato ad un approccio diverso alla musica.
E l’estetica per 2Moellers, quanto conta oggi?
Non è predominante, il mio intento è quello di trasferire le mie idee, le mie emozioni, nei miei brani rendendoli accessibili grazie ad un minimo di impegno nell’ascolto. Il mio prossimo album, nella mia testa, punterà ad essere ancor meno standardizzato di questo.
Il suono deve semplicemente rappresentare la mia idea e la mia emozione a prescindere dal concetto di bello. Nell’incrocio con altre arti, come in questo caso con l’opera di Elvezia Artist, anche lì sono interessato più alla comunicazione dell’idea più che al come appare. Elvezia ha rafforzato la mia idea da vero artista qual è. Stessa cosa nei video e, al meglio delle mie possibilità, anche la mia immagine è secondaria rispetto al suono. Che poi la verità è che ciò che siamo veramente, ciò che facciamo con sincerità, denota come appariamo. È una conseguenza… o forse solo un altro #KYD