Viene spesso da chiedere quanta contaminazione extra-territoriale ci sia dentro un disco che di suo suona impoverito degli stilemi classici nostrani. Formazione campana quella degli Zaund, capitanata dal chitarrista, cantante e discografico Lucio Auciello de L’Airone Dischi, formazione che approda dentro un primo lavoro ufficiale dal titolo “Riflessi” che certamente attinge dalle trame metropolitane di un’adolescenza anni ’90 ma poi rovina i bordi, li altera, distorce figure e l’immaginario si dispone ad accogliere altre letture. C’è il pop, c’è il rock… ma c’è anche il contrario di questo.

Parliamo di bellezza… cercando di spulciare oltre. Per voi la bellezza cos’è? Quella vera non quella estetica…
Per noi la bellezza in campo musicale va di pari passo con il bisogno e la ricerca di autenticità: rifuggiamo da ciò che è costruito, offerto come un prodotto da supermercato. In un mondo in cui qualsiasi cosa ha un prezzo ed è prodotta in base a indagini di mercato, dichiariamo il nostro dissenso anelando ad una spontaneità con un gesto al tempo stesso politico ed esistenziale.

Si riesce a trovare bellezza in riferimento ad una canzone che deve accogliere anche un messaggio? L’equilibrio per voi esiste? E come… dove?
Certo, spontaneità non vuol dire non impegnarsi al massimo perché il messaggio abbia un valore musicale, una bellezza intrinseca e non sia un mero accessorio o sottofondo. Di più, una musica di valore rende anche più efficace la comunicazione di un messaggio.

 

Noto – non so se sbaglio – che molte scritture strumentali di questo disco sembra servono proprio per dare spazio a tutto. Come a dire: ora è il tempo della lirica, ora della musica… non so se è chiaro…
Il modo di scrivere canzoni sempre più spesso fa un uso totalmente subordinato della parte musicale nei confronti della voce: basta ascoltare qualsiasi canzone indie o pop mainstream per notare che, quasi sempre, si tratta di fiumi di parole per cui una base strumentale vale l’altra, magari scelte appunti attraverso indagini di mercato. Noi siamo musicisti, suoniamo insieme per la voglia e la passione di farlo, per cui ogni nota, ogni intermezzo ha un valore. In generale, è un discorso di equilibri, fatto di vuoti e pieni.

L’Italia di oggi secondo voi che suono ha? Di certo non il suono degli Zaund che hanno attinto al passato… ma forse, che la vostra sia una partita più sulla forma? Che sia questa la forma del pop di oggi?
Noi proviamo a fare del nostro meglio in base alle nostre sensibilità musicali: oggi l’Italia ha molti suoni e molte anime musicali, per lo più estremamente simili tra loro: sta alla sensibilità di ognuno scegliere quelle più in sintonia con la propria, cercando qualcosa che si discosti da questo conformismo digitale.

E che rapporto ha “Riflessi” con questa parola: pop? Io l’ho trovato, anche se assai rock nelle intenzioni, un gran bel disco di pop metropolitano…
È proprio così, grazie, lo prendiamo per un bel complimento: “Riflessi” è un disco pop, nel senso di POPular, musica che vuole parlare ad un pubblico, con la speranza che possa emozionarlo e farlo riflettere al tempo steso. Il rock è un vestito sonoro che ci calza naturalmente, il pop è la voglia di incontrare gli altri e il rifiuto di qualsiasi posa autoreferenziale.