Matteo Bonechi in pochi giorni di riprese live in studio, fotografa una torrida estate tutta italiana, dalle abitudini ai vestiti, dalle ambizioni ai trucchi per combattere il caldo. Le riunioni di condominio, i ventilatori, le infradito ma anche pensieri poetici rivolti al vento e alle stelle. Che la chiusa del disco conferma quel che avevamo capito: “L’estate spietata” è un disco che all’ironia chiede un contorno per tantissimo altro. E suona assai bene nel mix del tutto…
Uno shuffle fumoso, qualche strizzata d’occhio al pop… c’è del circo e c’è del vino. Cosa manca? Se qualcosa manca…
Ogni volta manca qualcosa all’orecchio dell’autore, è fisiologico. Ad ogni successivo ascolto si perde in misura ancor maggiore l’essenziale sensazione della prima volta, la quale sarebbe utile conservare per futuri sforzi creativi.
L’italiano media durante l’estate… ma anche quello romantico… c’è della biografia personale?
Il tentativo è quello di mischiare le carte il più possibile per rendere attraverso ciascun brano un terzo significato, che sia condivisibile con l’esistenza dell’ascoltatore. O almeno ci si prova. Questo penso sia l’obiettivo a cui dovrebbe puntare un album, un quadro, un film.
Citando una tua frase: L’estate spietata” è la contraddizione sotto la luce apparentemente pacifica di luglio, a mezzodì. Una contraddizione in che senso?
Siamo abituati a stigmatizzare le stagioni, ma per questo esistono già le previsioni meteo. Il bersaglio di una canzone dovrebbe essere quantomeno osservato da una diversa prospettiva rispetto alla naturale associazione di un termine come l’estate, appunto.
Che poi in copertina c’è quella “controra” in cui finisce il giorno e inizia la notte… un passaggio… quanti significati dietro. La vita è un passaggio? L’estate è un passaggio?
Anche una foto come quella della copertina rappresenta una contraddizione. Una foto, un’immagine ferma che cerca di catturare un passaggio, un termine legato al movimento. L’estate è il gran finale dello spettacolo prima della chiusura del sipario autunnale, si accendono le luci di servizio, la platea si svuota.
Che storia c’è dietro questa voglia di realizzare un disco in analogico?
Una storia abbastanza semplice. I primi miei due lavori sono caratterizzati da pre-produzioni accurate. Questo disco invece è stato scritto con l’intenzione di registrarlo in presa diretta, senza pensare troppo agli arrangiamenti, cercando un suono più diretto e spontaneo possibile.
Un video?
Un video sicuramente sarebbe nelle corde del disco. Bisogna soltanto capire quale brano e quali idee potrebbero fare al caso.