Sono queste le interviste che ci piacciono. Dense di parole buone, dense di significati e di intenzioni strutturate. Sono questi i dischi che nonostante un’estetica lontana dalle mode, coccolano in se un vissuto e un potere critico con cui fotografare il nostro tempo. Massimo Lajolo torna in scena dopo un periodo di silenzio, con un nuovo disco dal titolo emblematico “Bassa fedeltà”, allegoria (e non tanto in fondo) ampiamente didascalica per la società che impera oggi. Lo troviamo in digitale per la RadiciMusic Records. Da leggere con attenzione per riportarsi a casa una voce che sia diversa dal solito teatrino delle televisioni…

 L’estetica è tutto. E di estetica si parla nei talent show… e di estetica si parla anche nel video de “Il Talento”. Eppure questo disco contro l’estetica in senso stretto sembra scagliarsi o sbaglio?
La seconda strofa del testo de “Il talento” dice: “GIUDICE, PERDONAMI!/ L’ABITO CHE INDOSSO E’ FUORI DAI PARAMETRI?/ GUARDAMI, DISPREZZAMI/ SAI CHE LA MIA VITA DIPENDE DA TE”. Qualcuno ha scritto che sono ironico, però, qui ci trovo anche qualcosa di quasi tragico: l’artista che si rende conto di non essere inquadrabile nei parametri standard del giudice, chiede perdono, quasi quello fosse una specie di divinità, e lo invita a disprezzare la sua stessa vita, essendo totalmente nelle mani, appunto, del giudice. Io non sono affatto contro l’estetica, anzi, per molti aspetti sono un esteta. Il fatto è che non c’è UNA estetica, cioè, una interpretazione univoca del Bello ed è giusto così. L’ossessione del look è appunto un’ossessione. Cerco di andare oltre. Poi è difficile capire quanto l’estetica conta nella fortuna di un artista, cioè, per me Bowie sarebbe Bowie anche in jeans e maglietta, perché lì c’è sostanza, di altri personaggi non potrei dire altrettanto. I Maneskin hanno secondo me un look discutibile, ma al di là di questo non mi piacerebbero di più con un look più sobrio, perché per me la cosa che più conta è la musica e cosa mi trasmette.

Siamo vittime delle televisioni e delle radio? Anzi schiavi? O stiamo risorgendo a nuova vita?
Siamo vittime di una grande quantità di cose, oggetti e fenomeni, che sostanzialmente ci creiamo da soli. Una resurrezione a nuova vita non la vedo proprio. E da dove arriverebbe questa resurrezione? In auto ascolto la radio, o meglio, alcune radio: RAI3, soprattutto, che mi offre sempre delle sorprese e degli spunti interessanti, soprattutto di generi e autori che non trovano di sicuro spazio su altre frequenze. Preferisco sentire qualcuno che parla bene di argomenti vari, politica, società, costume, letteratura, piuttosto che ascoltare musica inutile. Non sento il bisogno di ascoltare musica per forza. Non so le commesse dei negozi del centro come facciano a sopportare tutto il giorno musica ad alto volume, il più delle volte pessima. Penso non si accorgano nemmeno, come del colore delle pareti del negozio stesso. “Ah sì, sono azzurre?” Come canta Elodie, “per me le cose sono due”, cioè, o scelgo io cosa ascoltare , oppure mi metto in una situazione che probabilmente mi darà degli stimoli, come ho detto prima per RAI3. Detesto gli urlatori in genere, quindi anche quelli radiofonici e televisivi, mi creano proprio fastidio in senso fisico e tieni conto che, suonando anche la chitarra elettrica, non sono uno che teme il volume alto… Attualmente, mi sento molto più schiavo dei social, anche se cerco di usarli con parsimonia, più che altro per la mia musica o più raramente quando credo di avere qualche cosa da dire indipendentemente da quello che faccio. Certo che, se penso al fenomeno delle radio libere e a quante radio indipendenti hanno chiuso, mi viene male. Il problema non è trasmettere certa musica, il problema è trasmettere SOLO quel tipo di musica. Si chiudono sempre di più gli spazi per chi non appartiene a un certo livello di notorietà o produce musica non “radiogenica”, come la chiamo io. In ogni caso, tramite un semplice clic puoi spegnere tutto, se ci riesci.

La pandemia come ha influito secondo te? E in questo disco che ruolo ha avuto?
La pandemia ha ulteriormente aggravato la situazione dei live, riducendoli drasticamente. Mi sono saltati diversi concerti appunto per questo e altri sono rimasti in bilico fino all’ultimo perché qualcuno tra i musicisti che suonavano con me aspettava l’esito di un tampone oppure perché non voleva farlo. Non esattamente l’atmosfera che ti prepara positivamente a suonare dal vivo. Mi ero comprato una telecamerina per eventuali dirette o robe simili, poi ho lasciato perdere. Non parliamo delle prove on line, impossibili! Quindi, non restava che scrivere e infatti la maggior parte dei brani di Bassa Fedeltà arriva proprio da questo clima, “Abbracciami” su tutti, dove si parla proprio della mancanza di contatto fisico, oppure si sente che LA VERA LONTANANZA / E’ STARE A UN METRO INSIEME / NELLA STESSA STANZA. La convivenza, con chiunque, è sempre delicata, quando poi è forzata tutto si amplifica e a volte esplode. La scrittura richiede, almeno per me, solitudine e silenzio, quindi da questo punto di vista le condizioni c’erano! A me, poi, quasi sempre le prime scintille d’ispirazione (sì, credo fermamente nelle Muse) arrivano quando sono in movimento, cammino, guido, corro, e correre era una delle attività permesse, quindi…. Anche nella title track si parla di lontananza e di contatti a distanza, nel tempo e nello spazio. Lui la ritrova sui social dopo anni, forse per caso, forse no, non è chiaro, e scopre che lei è da allora imprigionata in una specie di bolla dorata, ma che, nel frattempo, è pure invecchiata E non so ancora perdonare/ il tuo invecchiare così banale./ Ma non sei stanca di far finta / o è l’abitudine che ti ha convinta?

Il dopo per Massimo Lajolo: sta configurandosi come una rinascita o una conferma?
Il dopo pandemia si sta configurando come un prima peggiorato ulteriormente dalla guerra e dalla sempre crescente emergenza ambientale, come canto in “Un caffè col Presidente”:
E che mi dice di questa / tensione che cresce, / di questa calma apparente / con tutta la gente
incollata agli schermi, / per cercare di sapere / se il suo dito ha schiacciato / il bottone sbagliato?
All’inizio della pandemia, c’era qualcuno che ottimisticamente auspicava una specie di redenzione collettiva, di esame di coscienza globale, che avrebbe potuto mettere in dubbio tutta una serie di certezze tipiche dell’uomo moderno occidentale, riguardo un certo modo di condurre la vita, di organizzare la società e l’economia. I fatti direi che purtroppo lo hanno smentito. Quindi, direi che ho avuto la conferma che l’uomo, come scriveva Quasimodo, è “ancora quello della pietra e della fionda” e che la società in cui viviamo offre da una parte pregi, comodità e benessere, dall’altra storture, ingiustizie, disuguaglianze profonde.

Dal vivo? La canzone d’autore tout court trova ancora i suoi spazi? E Massimo Lajolo dove potremo vederlo?
Dal vivo è sempre più un problema suonare, specie generi come il mio. Tra parentesi, io non mi sento di appartenere tout court alla cosiddetta canzone d’autore, perlomeno come viene solitamente intesa, secondo me con una visione un po’ antica e stereotipata. È difficilissimo e anche un po’ inutile tentare di distinguere la canzone d’autore dal pop, per esempio, o dal rock. È più che l’altro l’attitudine dell’artista a fare la differenza. Per risalire alla preistoria, quando Dylan imbracciò la chitarra elettrica al Newport Folk Festival divenne un rocker? O quando Springsteen usò i sintetizzatori? I puristi inorridirono ma Born in the USA era un brano pop perché era un synth a suonare il riff? Considera cosa dice il testo! La loro attitudine, il loro spirito erano forse cambiati? Chiusa la divagazione, sto suonando con un piccolo ensemble, a cui ho chiesto non tanto di riprodurre il disco, quanto di creare insieme un sound omogeneo e definito. I miei soci sono Andrea Ferazzi, chitarra elettrica, Alessio Coletta, percussioni, e Sergio Maza, basso fretless, in alcuni circoli del torinese, posti piccoli ma con pubblico attento. Io suono l’acustica, canto, a volte mi viene anche da dire qualcosa di divertente e di sensato quando presento i pezzi. Puoi essere bravissimo, intonatissimo, fighissimo, ma non comunicare assolutamente nulla. Questo intendo per comunicazione con il pubblico In realtà, ho scoperto con gli anni che è fondamentale sapere presentare in un certo modo la propria musica, perché può fare la differenza. L’esordio è stato bello, voglio sperare che i prossimi siano anche migliori. Per conoscere le date, naturalmente, si può fare riferimento ai social.