Il progetto de Le Astronavi nasce a Genova nel 2016 dal sodalizio tra Gianmaria Rocchi (precedentemente voce del gruppo punk Hiroshima e del collettivo rap Peggioklasse) e la videomaker Stefania Carbonara che ne ha sempre curato i videoclip, le grafiche e i visual dei live. Partiamo da qui per poi addentrarci a questo “Moonchild”, il nuovo disco dal multiverso al multicolore, che non a caso ha Frank Zappa nel DNA, che non a caso rimanda a innumerevoli derive di letteratura “apocrifa” e tra le biografie di personaggi decisamente poco illuminati dal perbenismo. Per questo l’ascolto ha un senso di glamour e di fascino che non va mescolato con le solite ragioni pop della discografia fintamente indie italiana. C’è un mondo gigante dentro, andatelo a cercare che non basteranno mai due chiacchiere per capirlo.

Quanta rabbia o contestazione per la normalità ci vuole per un disco simile?
La rabbia può essere un motore potente che fin dall’adolescenza ho provato a sublimare con la scrittura mettendola nero su bianco. Forse in parte può essere stato anche uno dei punti di partenza per Moonchild che tuttavia non trovo un disco arrabbiato, anzi quando lo canto dal vivo mi diverto moltissimo, spero che possa trasmettere le stesse energie positive al pubblico.

E secondo voi la bellezza sta nella diversità? Oppure la diversità rappresenta incertezza, quel non “sapere chi si è”?
I personaggi e le piccole storie raccontate in Moonchild hanno in comune la volontà, il cambiamento e l’uso della magia. In tutti i percorsi iniziatici, che siano di gruppo o individuali, c’è una ricerca più o meno complessa nel cercare di capire cosa si vuole e soprattutto “chi si è”. Ad esempio nella dottrina di Aleister Crowley si mira attraverso una certa metodologia alla conversazione con così detto “Santo Angelo-Demone custode” un’entità in grado di rivelare la “vera volontà” di chi vi interloquisce. Per vera volontà si intende un qualcosa di profondo e completamente proprio, che va la di là dell’educazione ricevuta, delle pressioni sociali, del dover essere. Credo che raggiungere una consapevolezza di questo tipo (cosa non semplice) porti inevitabilmente alla scoperta e all’accettazione della diversità propria ed altrui… A quel punto c’è bellezza.

In fondo possiamo dirlo anche “politico” un disco simile? Brani come “Fondiamo una setta” la dicono lunga sul come rivoluzionare la normalità…
Lungi da noi rivoluzionare niente e nessuno, nessuna politica. Abbiamo solo fondato la nostra religione il cui contenuto è al momento segreto per gli esterni. Ci stiamo adoperando affinché il nostro culto sia riconosciuto anche legalmente per diventare la nuova Religione di Stato. Due volte a settimana (giovedì e sabato) ci riuniamo per praticare ed iniziare nuovi Fratelli e Sorelle al “nuovo sentiero”. Siamo sempre di più. Per ulteriori informazioni è possibile contattarci sui nostri canali social.

E questa copertina che in fondo è manifesto di tutto questo? Come la leggiamo?
La copertina è un collage digitale creato da Stefania Carbonara e me, che mette insieme diversi elementi presenti nelle canzoni, chi le ascolta con attenzione potrà sicuramente rintracciare ogni simbolo e decifrare il messaggio nascosto. Qualcuno ci ha chiesto se fosse voluto il fatto che osservando i disegni al contrario compaia nitido il volto del celebre cantante Diodato, purtroppo la nostra manager Ada S., per questioni di sicurezza, ci ha sempre imposto di fornire risposte vaghe in merito.

Astronavi che arrivano dal futuro o che partono da casa nostra per scappare…? Salvezza o rivoluzione?
Non abbiamo alcun bisogno di scappare, perché il modo fa schifo ma noi molto di più. Approfitto di questo spazio per sollecitate Tonino Carotone o chi per lui, a risponderci su Instagram e smetterla di ignorarci. Tonino, un giorno rideremo di tutto questo. Ricordo al Consolato neozelandese che presto sarà loro ospite la nostra Consorella Clelia C. (bassista), data la responsabilità e la delicatezza del suo incarico richiediamo il massimo riguardo e zelo nell’assecondare le sue richieste per quanto possano sembrare talvolta incomprensibili o apparentemente controproducenti al buon esito della missione. Consoli neozelandesi, un giorno rideremo di tutto questo. Chiedo inoltre, a chi in possesso di conoscenze mediche, il motivo per il quale Cheis (batterista), quando usa i tappi per le orecchie automaticamente parla con voce nasale, perché siamo un po’ preoccupati, anche se davanti a lui non lo diamo a vedere per non turbarlo ulteriormente date le sue già numerose preoccupazioni con l’addestramento dei suoi splendidi purosangue inglesi. Comunità medica, comunità dei batteristi e comunità per l’addestramento equino, un giorno rideremo di tutto questo. Un giorno, per ora come già detto, siamo un po’ preoccupati. Comunque non preoccupatissimi, solo un po’, tipo in una scala da uno a dieci siamo preoccupati cinque.