Devo dire il vero non ho mai amato l’ironia dentro le canzoni. Raramente ho trovato della genialità comica dentro la forma canzone. E poi degli eccessi ho sempre avuto mal di stomaco. Che di eccessi è fatto il progetto Ken La Fen, eccessi quasi scolastici, quasi da goliardate che abbiamo vissuto tra i banchi di scuola.

Le parrucche, quel certo modo di fare il verso al mondo dei grandi, quelle allegorie facilmente risolte sul sesso per strappare una risata, quando si sta al bar o nei circuiti della piccola borghesia di paese. E in tutto questo gli abruzzesi Ken La Fen hanno centrato tutto e questo terzo disco “Tuo padre” non è da meno. Nonostante questo, forza di questo taglio vocale, riescono comunque a farvi vedere un immaginario personale che in qualche modo li etichetta e li distingue dalla massa.

La voce dicevamo: una voce che nei suoi colori scuri un poco mi rimanda a Daniel Coccia de Il Muro del Canto (se non fosse che qui siamo in Abruzzo e non a Roma), si ascolti la progressione nell’inciso di “Canzone nuova” ad esempio… e poi quel trascinamento in un mix corale tanto abusato nella scena indie italiana – e qui si ascolti l’inciso di “Tempesta e tuoni”. E non mancano neanche i colori “esotici” dei Pinguini Tattici Nucleari (si pensi qui a “V.R.I.T.A”)… e per il resto, senza soluzioni particolarmente accattivanti, si dipana così un disco denso di immagini ed ermetismi magari chiarissimi alla band e ai loro amici ma che pongono una distanza immensa nell’ascolto medio di noi altri.

E la progressione di “Briciola” che tanto richiama “E penso a te”? E tra suoni “giocattolo”, spensieratezza e video assai improbabili, questo disco sembra davvero un passatempo tra amici tra bizzarre rimpatriate di scuola e vecchi aneddoti di paese. Ecco: se penso ai Bardomagno, direi che la distanza tra serio e faceto si fa decisamente marcata.