Chi sarà beato in questa vita? Chi ha la forza delle sue parole o chi da voce alla sua forza interiore? Domanda marzulliana che in qualche modo apre anche letture di stampo spirituale… e poi dentro non ci vuoi vedere anche quel gusto distopico, metropolitano, digitale come direbbe un millenial? E le maschere di questa santa società? Tutti temi irrisolti ma trattati con efficacia, maturità e credibilità da Giulio Spagnolo, un giovanissimo cantautore leccese che alle maschere risponde con un disco dal titolo “Beato chi”, anche title track che in rete si pregia di un bel video ufficiale. Punto e a capo: leviamo le maschere e vediamo quanto resta del nostro coraggio di fare ammenda sulla verità… che sia anche un disco politico?
Il pop d’autore passa anche per l’estetica dei pirati… o quanto meno di un certo rinascimento letterario. Curi questo aspetto o è una mia impressione?
La parola, il linguaggio e la comunicazione, per me hanno un valore importantissimo. Non è solo una semplice impressione ma è un vero e proprio punto di forza come appunto ben dicevi utilizzando l’espressione “rinascimento letterario”. L’intero album di “Beato chi” è basato su tre tematiche: il viaggio, il dialogo e il confronto, e credo che questo rispecchi perfettamente la mia linea di pensiero che va ad abbracciare il mondo dei testi.
Il disco e Giulio Spagnolo si vestono in questo modo oppure il tuo guardaroba è così ogni giorno?
Il mio guardaroba vive di vari stili, il gilet di “Beato chi”, ad esempio, ha rispecchiato un tipo di vestiario che ho utilizzato nel passato ma che non ho abbandonato, infatti, con questo lavoro discografico ho voluto sottolineare anche un cambiamento personale avvenuto nel corso degli anni.
Sono sempre stato del parere che tutto ciò che indossiamo deve rispecchiare il nostro stato d’animo e il periodo che affrontiamo, mi piace molto unire alla musica la stoffa adatta al contesto. Che poi non c’è niente di assurdo o di strano ma di particolare, quello si…
E non penso che tutto questo, il disco, gli abiti, un certo modo di apparire… questa intervista anche… sia un maschera anch’essa?
A mio parere, l’intervista è uno di quei momenti nei quali crollano le maschere e gli scudi sociali, posso assicurarti che “particolare” l’ho sempre percepito come un complimento perché lo stesso particolare non è qualcosa che si porta l’aspetto di una fotocopia.
Giulio Spagnolo come si rapporta al “Bla bla bla” della pubblica piazza? Anzi come si difende?
Da specificare che buona parte della piazza di oggi sia un circuito virtuale; in tutta onestà, il mio modo di difendermi è non frequentando i social, dovrebbe farci riflettere il fatto che questi strumenti di distrazione di massa continuano a creare un’astio sociale nella realtà ma che con me non riescono ad attecchire. Questo continuo “bla bla bla” avvolge e coinvolge la società in un sistema che mira al materialismo, all’indifferenza ed è paradossale sentirsi così “social” quando in realtà siamo letteralmente “soli”.
E come ne esce dopo che quello stesso “Bla bla bla” avrà decretato vita morte e miracoli di questo suo disco?
Ne esco soddisfatto, perché il mio scopo è quello di fare musica per me stesso, il pubblico (qualora ci fosse) si costruisce da solo portandosi con sé una selezione degli ascoltatori; quando ti trovi ad un passo dalla pubblicazione di un lavoro, non ascolti i pareri altrui ma solo il tuo gusto, la tua capacità sonora, e la propria soddisfazione personale.