Certamente quel down-tempo che richiama un glam pop urbano, un modo rap internazionale… ma dalla sua, Alfredo Puglia che per l’anagrafe discografica si firma Forelock, sa come spaziare dentro altri confini e nella emancipazione di etichette geografiche e temporali. “Follow me” sa di futuro e di passato, di Europa e di Africa. Il reggae metropolitano si innesta in quel lounge losangelino che non smette mai di creare atmosfera… intima introspezione e leggerezza del suono pop.
Un genere, questo, che porta con sé forti immagini di vita e di stile. Dalle foto però sembra quasi che Forelock non somiglia nella vita di tutti i giorni ad Alfredo Puglia. Cosa ne pensi?
Io faccio davvero fatica ormai a scindere la mia persona dall’artista Forelock. E’ vero che mi occupo oggi di diverse altre cose che ruotano intorno alla musica ma mi ci relaziono sempre come uno che ha da mettere in gioco varie risorse costruite durante un percorso artistico che mi ha insegnato tanto. Parlo di esperienza e bagaglio che poi inevitabilmente cambiano il modo con cui una persona si approccia alla vita. Gli scatti inclusi nelle grafiche di questo EP raccontano il momento generale vissuto durante la scrittura. Avevo voglia e bisogno di associare un’immagine che fosse contestualizzata al fatto che questo lavoro è nato nella mia solitudine e per la prima volta senza una band che mi supporta.
Sono però sempre stato un po’ vittima degli stereotipi che limitano la visione di alcune persone. Non ho mai incarnato la figura del rudeboy del reggae, piuttosto sono sempre stato molto personale sia nelle scelte musicali che estetiche. Questa cosa mi ha reso un po’ funambolo in un mondo dove siamo abituati mettere tutto in griglia e catalogarlo per filo e per segno. Non so cosa pensino davvero le persone che guardano le foto e che magari non mi conoscono, so però che quando mi sveglio la mattina faccio un check nell’agenda e Forelock si è svegliato in ritardo come me.
Un primo Ep che segna quale trasformazione per te? Fino ad oggi il suono di Forelock che cos’è stato?
Trasformazione non è una parola che mi sento di utilizzare, piuttosto sento di essere nel mezzo di un’evoluzione spinta dal fisiologico bisogno di sentirmi inserito nel tempo che viviamo. La musica ha ormai allargato i suoi orizzonti e la creatività sguazza in questo mare di possibilità. Era inevitabile che passando tanto tempo ad ascoltare tanta musica diversa avessi ad un certo punto il bisogno di confrontarmi con qualcosa che somigliasse a ciò che ascolto. Ho sempre rispettato e dato importanza al fatto che un certo tipo di musica reggae, quella più roots e vicina all’impronta degli anni 70, dovesse essere tenuta viva in qualche modo. Per questo io e le persone con cui ho sempre lavorato abbiamo cercato di rifarci a quel tipo di sound (Gladiators, Marley, Black Uhuru) ed è stato un percorso fondamentale per me e per la mia musica. Con Follow Me ho tirato giù tutti i muri e ho lasciato che a guidarmi fosse una corrente fresca fatta di qualsiasi cosa mi è piaciuta negli ultimi anni senza però perdere ciò che mi ha sempre dato la forza di scrivere e che ha tenuto vivo l’amore per quello che faccio.
Il glam che c’è nella musica dub… per te ha una importanza? Cioè risulta anche uno stile di vita personale?
Non sono mai stato sensibile e vicino al trend dei vari sottogeneri, e ho sempre preferito che fosse la musica a rappresentare liberamente senza un estetica particolare. Però il Glam nel dub ma anche in tutta una porzione di musica reggae esiste e ha una sua connotazione particolare che in realtà se ci sei dentro ti contagia in maniera forte. Mi ricordo le prime volte in Giamaica venivo rapito da quello stile tipico e dal modo di essere. Questo Glam di cui parli mi ha sicuramente influenzato e non solo, penso abbia anche reso molto attrattivo il mondo della musica che ho sempre amato, giocando un ruolo quasi fondamentale nel mio primo approccio con la musica reggae.
Il titolo è assai evocativo: un disco che in qualche modo vuole lanciare un fortissimo messaggio sociale, d’amore, di ritorno alle emozioni vere. O sbaglio?
Messaggio arrivato! Il messaggio si è costruito quando i pezzi sono stati messi insieme ma nel ascoltarlo sono stato il primo a riconoscere che per quanto pensassi che i brani fossero molto diversi tra loro erano comunque accomunati da quel tipo di attitudine che io non perderò mai e che quando dico “Seguimi”, lo faccio perché son certo che sia la strada migliore. Sono convinto che viviamo in un’era dove si fa fatica a recepire certi tipi di messaggi tra i vari bombardamenti di informazione e contenuti che siamo abituati a subire tutti i giorni.
Tutto questo è l’incipit di un futuro più ricco a seguire? Stai pensando al disco?
Quando si è deciso il calendario di uscita dell’EP stavo già lavorando a diverse altre cose. Ci sono un po’ di lavori in programma e tra questi ovviamente vorrei chiudere il cerchio con qualcosa di più grosso dove coinvolgere tanti degli amici/colleghi che ho incontrato durante questo bellissimo percorso.