È giovane Alessandro Minichino che in arte si firma Alèm. È ingenuo e dunque potente nell’espressione che non ha ancora la macchia dello stile famoso che si impone e contamina, non ha ancora la schiena piegata dai doveri che sporcano ogni cosa. “Sogni virtuali” lo dimostra in un coacervo denso di rimandi, di libertà stilistiche e di modi di fare. È un disco potente, di fascino, di glam… e di mode contemporanee.
Ma oggi, ancora l’abito fa il monaco secondo te?
Certo, è una costante che non cambierà, o almeno non a breve. Il cantante punk con la cresta colorata a chiunque potrebbe sembrare strano mentre intona “Buonanotte Fiorellino” di De Gregori. Questo perché ogni cultura musicale ha un proprio linguaggio, anche visivo. Purtroppo il problema è che ultimamente parliamo unicamente dell’abito, quando invece non capisco come possa creare più attenzione dei pensieri espressi nei testi. Spesso è solo una mossa per far capire alla tua possibile nicchia di ascoltatori che sei come loro. Una realtà alla quale è comodo piegarsi in cerca di vendite facili e riflettori momentanei.
Per te dunque l’estetica che ruolo ha? Un “sogno virtuale” o una ragione concreta?
Per quanto mi riguarda l’estetica mi crea interesse solo dal punto di vista artistico, nei miei social i miei post sono disegni o animazioni create da me. Quindi l’estetica di un progetto musicale, un video di un singolo, una copertina… serve e anzi è fondamentale. Se invece intendiamo il vestiario dell’artista, penso sia un modo per spostare l’attenzione dai contenuti scarsi delle canzoni. Se l’arte ha un suo peso specifico si regge in piedi anche senza il personaggio.
Che poi viviamo sempre dentro la virtualità oggi… come ti rapporti con il mondo parallelo delle macchine?
Non mi so sbilanciare, ho provato a mettere tutti i miei pensieri in merito all’interno dell’album. Pro e contro a cui solo il tempo darà una risposta. Se parliamo di progresso in qualsiasi campo, chiunque proclami di avere in mano la verità assoluta è da ignorare a priori. Qualsiasi cosa mantenga una giusta etica morale è giusto faccia il suo corso.
Mille facce dentro questo disco: stai cercando la strada o la strada e cercare cose diverse sempre?
La strada è continuare a non porsi limiti riguardo suoni e strumenti, ogni sfaccettatura del quotidiano ha un proprio linguaggio che non posso ingabbiare in mood definiti a priori solo per sottostare ai margini di un genere musicale. Spesso si parla di libertà, come si può inneggiarla ponendosi dei limiti nel linguaggio musicale? I testi sono il vero e unico punto cardine, non solo all’interno dell’album, continueranno ad essere la costante. Parlare della realtà, con ironia e sincerità. Siano pezzi d’amore o più a sfondo sociale il mio unico obbiettivo è avere sempre contenuti. In sintesi il linguaggio sonoro potrà continuare a cambiare, la strada da seguire è unicamente quella dei contenuti. Senza un messaggio da portare non serve scrivere canzoni.
Parlando di produzione: come hai lavorato a questi “Sogni virtuali”? Come li hai resi concreti?
Tutte le produzioni sono opera di Artigian studio (Gianluca Zanin). Devo dire grazie a lui che è riuscito ad assecondare ogni mia idea, anche la più strana. Abbiamo cercato di creare strutture “nuove” in brani come Life on (l’iPhone), dove il parallelismo fra digitale e reale è dato da una parte elettronica in contrasto poi con gli strumenti veri. Ma questo è solo un esempio. In generale direi che ogni brano ha avuto il suo vestito, per tornare alle prime domande. Ogni canzone è nata in modo molto spontaneo, ci siamo divertiti nel poter collaborare con un sacco di musicisti e poter giocare unendo in questo album tanti tipi di strumeni.
Negli anni si è creato un rapporto di amicizia con Gian che penso sia linfa vitale nel momento di creazione. Conoscersi e condividere determinati pensieri è stato determinante per la nascita di Alèm e di questo progetto.